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Casinò Campione, Ooss e Rsu chiedono un incontro ai ministeri

05 dicembre 2018 - 12:41

Le sigle sindacali e la Rsu chiedono ai ministeri del Lavoro, dell’Interno e dell’Economia un incontro domani, 6 dicembre, al Mise.

Scritto da Redazione

Le sigle sindacali UilCom Slc-Cgil Confsal-Libersind e la Rsu del Casinò di Campione d’Italia prendono carta e penna e scrivono ai ministeri del Lavoro, dell’Interno e dell’Economia per essere  ricevuti in occasione della manifestazione contro i licenziamenti dei dipendenti del Casinò di Campione, in programma domani giovedì 6 dicembre, dalle 10 alle ore 14, presso il Mise, al fine di poter instaurare un confronto sulla difficile situazione che stanno vivendo i dipendenti della Casa da gioco di Campione d'Italia, chiusa dallo scorso luglio.

“Il dramma socio-occupazionale - si legge nella nota - che sta vivendo la comunità campionese dal 27 luglio scorso, data di chiusura della Casa da gioco che ne costituiva il motore economico, è ormai ben noto a tutti. A questi ministeri ci rivolgemmo fin da subito, ben consapevoli del fatto che la concomitanza tra fallimento del Casinò e dichiarazione di dissesto dell’ente comunale che ne era socio unico, avesse creato un'impasse risolvibile solo con un intervento normativo. Oggi la politica appare ben cosciente della situazione e ha predisposto un decreto che da pochi giorni ha superato l’esame al Senato della Repubblica ed è ora al vaglio della Camera dei deputati.
 
Le tempistiche legislative tuttavia mal si conciliano con il calendario al quale fanno riferimento magistratura e curatela: lunedì 10 dicembre si concluderà l’iter della procedura di licenziamento ai sensi dell’art. 4, c.7 L.223/91. Durante l’ultimo incontro, datato 28 novembre, presso Polis Regione Lombardia, abbiamo manifestato ai curatori e al funzionario regionale dottor Giuliano Spreafico l’opportunità di non procedere con i licenziamenti, alla luce di quanto il Governo sta ponendo in essere per risolvere la crisi di Campione d’Italia, con la riapertura della Casa da gioco data per certa ed ormai vincolata esclusivamente agli adempimenti di legge e burocratici.
 
Tutto ciò è stato giudicato dalla curatela presente all’incontro non sufficiente a giustificare quello che considerano un inadempimento ai loro doveri. Ci teniamo a precisare che i lavoratori del Casinò, diminuiti negli ultimi sette anni di 130 unità e con una perdita salariale di oltre il 30 percento, hanno responsabilmente fatto tutto il possibile per garantire la continuità aziendale e la sopravvivenza del paese.
 
Di questi, coloro i quali risiedono a Campione e in Italia non percepiscono ammortizzatori sociali e da oltre 4 mesi cercano di resistere in attesa della tanto sospirata riapertura di quella che era un’azienda in grado di produrre utili importanti, ancorché insufficienti a coprire i costi dei servizi essenziali della comunità; servizi, che nel resto d’Italia vengono o garantiti dallo Stato o comunque presentano costi nettamente inferiori.
 
Il reclamo avverso la sentenza di fallimento promosso da società fallita, Comune di Campione d’Italia e Banca Popolare di Sondrio, che poteva essere un’opportunità verso una celere riapertura e che doveva essere discusso in Corte d’Appello il 22 novembre scorso, è stato deferito al 13 dicembre a causa di un’incompatibilità sollevata da un membro del collegio giudicante a pochi giorni dall’udienza.
 
Una volta di più i lavoratori hanno dovuto amaramente constatare come le buone novelle subiscano sistematicamente ritardi, mentre le cattive notizie arrivino sempre puntuali.
La stessa procedura di messa in mobilità dei dipendenti comunali, conseguente alla dichiarazione di dissesto, ha subito diversi deferimenti, ciò perché la vicenda campionese rappresenta un unicum che merita particolare attenzione e scelte ponderate che tengano bene in considerazione che nell’exclave determinate decisioni impattano con forza sensibilmente maggiore rispetto ad altre realtà.
 
Il procedere ora con i licenziamenti dei lavoratori del Casinò ci appare irrazionale, oltre che assolutamente sconveniente anche dal punto di vista del rapporto costi-benefici. Infatti, i lavoratori continuerebbero a non percepire ammortizzatori sociali in quanto il regolamento Naspi richiede che sia prima esperito il termine contrattuale di preavviso (nella fattispecie pari a 3 mesi), che tuttavia difficilmente riusciranno a monetizzare a causa delle scarse risorse a disposizione della curatela per la liquidazione delle passività.
 
Di contro lo stesso Inps si troverebbe a dover far fronte ad un’ingente spesa legata alle liquidazioni dei Tfr. Dal canto suo la nuova società che verrà chiamata alla gestione del casinò rischierebbe di perdere parti importanti di know how in un settore in cui le professionalità non si reperiscono certo facilmente”.
 
POLEMICA AL PRESIDIO - La preoccupazione del momento si aggiunge a "un grave fatto avvenuto al presidio dei lavoratori", come denunciato da Uilcom-Uil, Ugl, Slc-Cgil e dalla Rsu. "Nella giornata di ieri 4 dicembre infatti", l'attuale "commissario della Fondazione Garibaldi, "ovvero l’asilo tristemente chiuso a settembre, entrando al presidio dei lavoratori del Casinò ha richiesto, con atteggiamento sprezzante, che fossero rimossi i grembiuli appesi nell’area esterna al presidio, testimonianza visiva e simbolica della realtà della scuola dell’infanzia campionese. Ha accusato il presidio e la comunità campionese definendo questa iniziativa come 'vergognosa e tesa a strumentalizzare i bambini'. I nostri bambini! C’è da ricordare che l’asilo oggi a Campione non esiste più perché, nonostante le annuali milionarie iniezioni del Comune, l’allora Presidente della Fondazione, Claudio Bianchi, ha dichiarato l’incapacità della Fondazione di sopravvivere senza finanziamento, procedendo al licenziamento di nove dipendenti e lasciando senza scuola dell’infanzia tutti i bambini di Campione.

Inoltre sottolineiamo che le modalità di comunicazione sindacale, per altro assolutamente pacifiche e motivate, non possono essere censurate o denigrate, in particolar modo da una carica istituzionale che dovrebbe al contrario essere garante di un dialogo costruttivo.

La vera vergogna resta invece il deplorevole tentativo di nascondere ipocritamente la realtà: oltre 500 lavoratori in ginocchio, un’intera comunità in crisi, la scuola dell’infanzia chiusa mentre l’unica priorità sembra essere, ancora una volta, salvare le apparenze".

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