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Deluca: 'Messina, casinò a Palazzo Zanca non è una provocazione'

09 aprile 2018 - 13:50

Il candidato a sindaco di Messina Cateno Deluca torna a ribadire la sua proposta di apertura di un casinò.

Scritto da Amr
Deluca: 'Messina, casinò a Palazzo Zanca non è una provocazione'

Amministrative in vista e programma elettorale immutato, quello del candidato a sindaco di Messina Cateno Deluca, fermo nel suo proposito di aprire un casinò nella città siciliana. Anche nel corso della conferenza stampa tenuta oggi 9 aprile nella sede del suo comitato elettorale, Deluca, assieme con gli assessori designati Salvatore Mondello, Dafne Musolino e Enzo Roberto Trimarchi, ha ribadito la bontà del progetto di "casinò dei Peloritani" (i monti Peloritani sono una catena montuosa della Sicilia nordorientale), utilizzando come location Palazzo Zanca, sede del Municipio.

"In tutto il Meridione  - si legge nel dossier Casinò illustrato oggi - non esiste una Casa da gioco. Ogni fine settimana viene stimato un flusso di circa duemila persone che si recano a Malta solo per potere giocare al Casinò dell’isola. Per quale ragione, allora, non sarebbe possibile realizzare un Casinò a Messina? Di fronte a tale domanda si rende necessario accertare la legislazione vigente in Italia in tema di case da gioco e giuoco d’azzardo e verificare se, ed a quali condizioni, esistano in Italia dei Casinò".

LA DISAMINA NORMATIVA - Nel territorio nazionale è vietato il gioco d'azzardo e l’apertura di case da gioco - punita dagli artt. 718-722 del Codice Penale - è stata permessa solo per quattro casinò che hanno sede a Campione d’Italia, Sanremo, Venezia e Saint Vincent: "I tre Casinò di Campione d'Italia, Sanremo e Venezia sono stati istituiti in base a 'provvedimenti legislativi che offrono il fianco alla critica per le formule a dire poco reticenti cui tutti fanno ricorso' come affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza N. 152/85, pag. 28; il Casinò di Saint Vincent è stato istituito 'in base ad un decreto del Presidente della Giunta Regionale sicuramente illegittimo' (S.U. penali cit. da Corte Costituzionale, sentenza N. 152/85, pagg. 26-27), poi legittimato con una manovra legislativa. Infatti, il provvedimento amministrativo del Presidente della Giunta Regionale è stato sanato a posteriori con una legge di bilancio nella quale era inserito il gettito tributario. In tal modo, quindi, il legislatore tributario 'non si è preoccupato di come e da chi possa essere autorizzato l'esercizio del gioco d'azzardo, ma unicamente di assicurare il pagamento delle imposte in relazione ai cospicui movimenti di ricchezza che in occasione dell'esercizio del gioco d'azzardo sempre si verificano'".

L'INTERVENTO DELLA CORTE COSTITUZIONALE - Secondo Deluca, dunque, "il quadro normativo, dunque, è palesemente disorganico e contraddittorio perché, mentre vige il divieto assoluto del giuoco d’azzardo, si è trovato il modo di aggirare tale divieto, imponendo di fatto la creazione di quattro case da gioco, la cui legittimazione è intervenuta successivamente all’inizio della loro attività. Risultano a tal fine paradigmatiche le conclusioni formulate dalla Corte Costituzionale nella nota sentenza n. 152 del 23 maggio 1985 ove i Giudici delle Leggi, chiamati ritualmente a pronunciarsi, hanno affermato che la Corte è stata 'messa in grado di esaminare i vari profili di legittimità costituzionale che riguardano le case da gioco aperte nel nostro paese, (e di non potersi esimere) dal rilevare che la situazione normativa formatasi a partire dal 1927 è contrassegnata da un massimo di disorganicità: sia del tipo di interventi cui è condizionata l'apertura delle case, sia per la diversità dei criteri seguiti, sia infine per i modi disparati con i quali vengono utilizzati i proventi acquisiti nell'esercizio del gioco nei casinò (e che) la disorganicità risulta accentuata dalla recentissima (all'epoca) L. 11 dicembre 1984 N. 848 sul gioco d'azzardo sulle navi da crociera'.
La Corte ha aggiunto in conclusione, nella suddetta sentenza, un monito al legislatore affermando che 's'impone dunque la necessità di una legislazione organica che razionalizzi l'intero settore, precisando tra l'altro i possibili modi di intervento delle regioni e degli altri enti locali nonché i tipi e criteri di gestione delle case da gioco autorizzate, realizzando, altresì, in tema di distribuzione dei proventi, quella perequazione di cui la L. 31 ottobre 1973 N. 637, sulle destinazione degli utili della casa da gioco di Campione, può essere considerata solo un primo passo'.
La Corte aveva altresì aggiunto che 'queste esigenze di organica revisione normativa su scala nazionale vanno soddisfatte in tempi ragionevoli per superare le insufficienze e disarmonie delle quali si è detto'".
 
L'INERZIA DEL LEGISLATORE - Il candidto a sindaco sottolinea come "dal 1985 ad oggi, tuttavia, il legislatore italiano non ha mai inteso intervenire sul detto argomento, preferendo emanare una serie di provvedimenti per disciplinare il fenomeno del gioco online e delle sale da scommesse, senza tuttavia dettare una disciplina sulle case da gioco (casinò).
Il ritardo del legislatore italiano è motivo di nocumento all’economia nazionale ove si pensi che tra gli Stati membri dell’Unione Europea, l'Italia il Paese che più risente di questa disomogeneità legislativa che finisce per penalizzare, inevitabilmente, l'industria turistica nazionale.
 
LA SITUAZIONE IN EUROPA - Basti pensare che i casinò in Europa sono complessivamente 536: la Gran Bretagna ne ha 136, la Francia ne ha 125, la Germania 64, la Repubblica Ceca 35, la Spagna 31, la Svizzera e la Grecia 9, il Belgio e la Polonia 8, la Danimarca 5, la Svezia 4. Il piccolo Stato di San Marino possiede un casinò, il Principato di Monaco e Malta ne hanno 4. Si richiama poi l’attenzione sul fatto che mentre alla concorrenza dei casinò monegaschi si può opporre la concorrenza del Casinò di Sanremo, alle case da gioco maltesi il Sud non si può replicare, non essendo presente alcuna casa da gioco nel Mezzogiorno".
 
L'ANNOSA BATTAGLIA DEI COMUNI ITALIANI - Oltre venti comuni italiani, ricorda Deluca, "si sono candidati negli anni scorsi alla apertura di una casa da gioco. In Italia, tradizionalmente, i giochi d'azzardo sono stati sempre praticati in una piccola parte del territorio nazionale e i cittadini italiani purtroppo risultano essere tra i principali clienti delle case da gioco d'oltre confine.
In passato, in epoche diverse, numerose città hanno ospitato una casa da gioco: Taormina, Anzio, Bagni di Lucca, Merano, Stresa, Salice Tenne, Acqui Terme, San Pellegrino Terme, Grado e Rapallo.
 
IL GIOCO PUBBLICO - Va rilevato, inoltre, che rispetto alla pronuncia della Corte Costituzionale del 1985, che già sollecitava l’introduzione di una riforma organica della disciplina del settore, il fenomeno del gioco ha assunto tutta un'altra connotazione in Italia rispetto a quella che aveva quando furono aperte le prime case da gioco. Negli ultimi anni si è accresciuta la febbre da gioco tra le classi appartenenti alla classe medio e medio bassa, dando luogo a fenomeni di crescente impoverimento dovuti anche alla totale assenza di strumenti di lotta alla ludopatia.
I numeri che riguardano il gioco d'azzardo in Italia, pudicamente definito 'giochi pubblici' nelle statistiche ufficiali dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, confermano- a detta di Deluca - la necessità di urgente modifica della disciplina in materia".
Deluca sottolinea inoltre "come le slot machine e le videolottery costituiscono ormai i due terzi degli incassi dei casinò, questo per segnalare un nuovo modo di intendere il gioco anche all'interno delle tradizionali case da gioco".
 
Dopo aver snocciolato i dati sulla raccolta di gioco e la spesa degli italiani, Deluca osserva: "Di fronte ad una diffusione così estesa del gioco 'legale', al quale quasi chiunque può accedere, e che ha dato causa a numerosi problemi di dipendenza da gioco (c.d. ludopatia), risulta evidente che il perdurante assoluto divieto di apertura dei casinò sul territorio nazionale non costituisce né una misura a salvaguardia della morale pubblica, né a tutela della salute dei singoli cittadini.
Ciò soprattutto ove si pensi alla facilità con la quale chiunque può accedere ai casinò on line purché sia munito di una connessione ad internet!
In un tale contesto, caratterizzato da una situazione notevolmente mutata rispetto alla data di apertura dei 4 casinò italiani, alla crescita esponenziale del fenomeno del gioco legalizzato, con la presenza di numerosi casinò negli altri stati dell’unione europea, il permanente divieto del gioco d’azzardo di cui alla vigente disciplina del Codice Penale, risulta anacronistico e, di fatto, superato da un capillare fenomeno del gioco legalizzato che ha impoverito le fasce meno abbienti della popolazione proprio per la sua estensione e la difficoltà di esercitare un controllo efficace sui gestori e sui giocatori".

GIOCO E TURISMO - Nell’ottica, dunque, di "ricondurre il gioco alla sua più opportuna vocazione di intrattenere i vacanzieri nei periodi di vacanza o di villeggiatura, e con l’obiettivo altresì, di fronte alla mutata realtà dei fatti e dei numeri che girano attorno al gioco, di prendere atto che è necessario stabilire una nuova disciplina, negli ultimi anni sono stati presentati diversi disegni di legge in Parlamento, molti dei quali aventi ad oggetto proprio l'istituzione di singole case da gioco.
Si è trattato, però, sempre di interventi 'localizzati' ossia tesi a risolvere, o meglio a tentare di risolvere, le istanze delle singole comunità cittadine all'interno delle quali per motivi storici, sociali e culturali era più sentita l'esigenza dell'istituzione di una casa da gioco. Nessuno di questi tentativi si è risolto con l’autorizzazione alla istituzione di un Casinò".
 
IL DDL GIBIINO - Si deve segnalare, invece, che "è stato presentato in Senato il 2/8/2017 il disegno di legge n. 2895 con il quale i proponenti Senatori Gibiino, Bernini, De Siano, Malan, Pelino, Pagnoncelli, Zuffada, Ruvolo, Auricchio, D’Alì, Amidei, Rossi, Aracri, Rizzotti, Mandelli, Piccinelli, Boccardi, Cassinelli, Compagnone, Razzi, Mauro, Marin, Ceroni, Mancuso, Albertini, Alicata e Fuksia hanno proposto un disegno di legge avente ad oggetto 'Istituzione di nuove case da gioco in località turistiche, nonché deleghe al Governo per la regolamentazione delle case da gioco e l’adozione di un codice del gioco d’azzardo' per introdurre una disciplina unitaria al fine di regolamentare con omogeneità e coerenza il settore, proponendo anche una delega al Governo, cui consegua un codice del gioco d'azzardo, in grado di razionalizzare l'intero settore dei giochi (al pari del Gambling Act che regolamenta nel Regno Unito ogni forma di gioco e scommessa)".
 
 
IL CASINO' A TAORMINA - Un cenno a parte, secondo Deluca, merita la storia del Casinò di Taormina, che entrò rapidamente nella storia del Cinema grazie alla presenza delle star di Hollywood dell’epoca che amavano frequentarlo. Il Casinò di Taormina, che aveva sede nella villa Mons Repons di Taormina, aprì nel 1961 e venne immediatamente chiuso lo stesso giorno dell’apertura dalla Polizia. Riaprì i battenti nel febbraio 1963 e chiuse, nuovamente a seguito dell’intervento della Polizia, nel gennaio 1965. In due anni, tuttavia, il Casinò di Taormina divenne meta delle star di Hollywood, che amavano trascorrere le vacanze a Taormina e attendere l’alba seduti ai tavoli da gioco.

La storia del Casinò di Taormina, dal punto di vista legale, è molto meno affascinante.  Difatti, quanto alla prima apertura del 1961, si rammenta che con decreto del Presidente della Regione siciliana del 31 maggio 1961, n. 36-A (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione del 6 giugno 1961, n. 26) erano state apportate modificazioni al regolamento circa l'esercizio, in Taormina, delle attività della Società 'À Zagara', allegato al decreto dell'assessore per il turismo e lo spettacolo del 27 aprile 1949, n. 1 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione del 30 aprile 1949, n. 19) che autorizzava l'Ente turistico alberghiero della Libia (E.T.A.L.) ad esercitare in Sicilia gestioni alberghiere ed altre attività turistiche. Con le accennate modificazioni si stabiliva tra l'altro (art. 1) che la costruzione, l'attrezzatura e l'arredamento del Kursaal e dell'annesso albergo dovevano essere completati, a spese della Società 'À Zagara', entro tre anni dalla comunicazione del decreto, e che l'esercizio delle attività previste dal decreto assessoriale dell'aprile 1949, doveva essere iniziato entro 120 giorni, pure decorrenti dalla comunicazione del decreto anzidetto. Si stabilivano, inoltre, alcune modalità circa l'esercizio del giuoco d'azzardo e le percentuali da corrispondersi dalla Società alla Regione ed ai Comuni di Messina e di Taormina.
Con ricorso del 10 giugno 1961, notificato il 14 e depositato il 17 giugno, il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, impugnò, per conflitto di attribuzione, il decreto del Presidente della Regione chiedendo, in via preliminare, che se ne sospendesse la esecuzione e, nel merito, che si dichiarasse che la Regione non ha competenza in materia di giuoco d'azzardo, con conseguente annullamento del decreto in esame.
Prima che si svolgesse l’udienza per la discussione relativa alla richiesta di sospensione, la Regione Siciliana costituì depositando, oltre alle deduzioni, la copia autentica di un successivo decreto emesso dal Presidente della Regione il 20 giugno 1961, con il quale si annullava, con effetto dal giorno della emanazione, il precedente decreto del 31 maggio 1961.
Per tale ragione la Corte Costituzionale, sulla considerazione che il decreto impugnato non aveva avuto esecuzione, dichiarò la cessazione della materia del contendere, senza dunque entrare nel merito della questione (conflitto di competenza Stato-Regioni).
Successivamente, il Consiglio Comunale di Taormina con delibera del 6.3.1963 n. 263 deliberò l’istitutizone del Casinò Municipale di Taormina. Con decreto del 28 aprile 1967, l'assessore regionale siciliano per le finanze autorizzò il Comune di Taormina a dare esecuzione alla delibera consigliare.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri con atto 9 maggio 1967 sollevò conflitto di attribuzioni contro il decreto 28 aprile 1967 dell'Assessore regionale siciliano per le finanze sostenendo che il provvedimento impugnato doveva essere annullato perché concernente il gioco d'azzardo, cioè materia penale, e invasivo della sfera di competenza riservata allo Stato; chiedeva, comunque, la sospensione del provvedimento stesso ai sensi dell'art. 40 legge 11 marzo 1953, n.87, in considerazione del grave turbamento dell'ordine pubblico che avrebbe potuto derivare da una nuova apertura della casa da gioco in Taormina. Inoltre, insistendo nell’istanza preliminare di sospensione, l’Avvocatura dello Stato escludeva che potessero trarsi argomenti a favore di una pretesa legittimazione del gioco d'azzardo dalla legge 18 febbraio 1963, n. 87, istitutiva di un diritto erariale addizionale sui biglietti d'ingresso nelle case da gioco (ossia la legge tramite la quale si è legittimata ex post la istituzione del Casinò di Saint Vincent), dovendo la disposizione interpretarsi come riferita a quelle case da gioco che fossero legittimamente funzionanti alla data di entrata in vigore della legge, e ciò che non poteva dirsi per quella di Taormina. Ed escludeva pure che ai fini di una sanatoria del genere, potessero invocarsi le norme di attuazione dello Statuto siciliano in materia finanziaria, approvato, con D. P. 26 luglio 1965, n. 1074, poiché esse, secondo l'Avvocatura, sarebbero intese a regolare i rapporti finanziari fra Stato e Regione senza alcun riferimento che potesse indurre a ritenere legislativamente sanzionato il gioco esercitato in Taormina, e che anzi avrebbero ribadito – secondo la tesi dell’Avvocatura - l'esclusione di qualsiasi competenza della Regione in materia, riservando appunto allo Stato le entrate derivanti da attività di gioco.
La Regione si opponeva al ricorso sostenendo che, per la casa da gioco di S. Vincent, lo Stato, con l'acquiescenza alla sua istituzione ed i vari provvedimenti legislativi successivi con i quali si era tenuto conto del relativo apporto finanziario alla Regione, aveva sostanzialmente riconosciuto la competenza regionale riguardo all'esercizio del gioco di azzardo in quel Casinò. Analogo riconoscimento era da individuarsi, anche per la Regione siciliana, attraverso l'imposizione dei diritti erariali sui biglietti d'ingresso alle case da gioco e la relativa riscossione da parte dello Stato di ingenti somme provenienti appunto dal funzionamento del Casinò di Taormina, come pure per effetto delle norme di attuazione di cui al D.P. 26 luglio 1965, n. 1074, che nell'allegata tabella C, n. 3, prevedono 'proventi delle attività di gioco' che non potrebbero riferirsi che al gioco d'azzardo in Taormina, essendo espressamente distinti dal lotto, lotterie e concorsi in genere contemplati in diverse disposizioni della stessa legge.
In ogni caso la Regione osservava che il Casinò municipale in Taormina era stato istituito con la citata delibera consiliare del 6 marzo 1963, regolarmente approvata, sicché il decreto impugnato, in sostanza, si era 'limitato a dare una disciplina attuativa rispetto alla delibera comunale, senza novare la fonte dell'autorizzazione'.
La Corte, convocata in camera di consiglio, con ordinanza 14 giugno 1967, n. 74, disponeva la sospensione del detto decreto assessoriale 28 aprile 1967 'per motivi di interesse generale' riservando ogni pronuncia sul merito, e fissava l'udienza del 18 ottobre 1967 per la trattazione del ricorso.
Il 5 ottobre 1967 la difesa della Regione depositava copia del decreto dell'assessore regionale siciliano per le finanze 11 agosto 1967, n. 1138/67 con cui, considerato 'che l'autorizzazione di cui al predetto decreto assessoriale n. 648/67 non ha avuto esecuzione' e che 'per conseguenza, sono venute meno le finalità per cui era stata concessa', aveva disposto la revoca del provvedimento.
A seguito di tale provvedimento, i procuratori delle parti chiedevano in udienza, e concordemente, che venisse dichiarata la cessazione della materia del contendere. La richiesta veniva accolta dalla Corte sulla considerazione che il decreto assessoriale 28 aprile 1967 non aveva avuto, in pendenza della risoluzione del conflitto di attribuzione, alcun principio di esecuzione né aveva prodotto, o poteva produrre alcun effetto di altro genere.
La condotta della Regione Siciliana, che per ben due volte, prima che venisse esaminato nel merito il sollevato conflitto di attribuzioni, ha revocato i propri decreti del 1961, con il quale aveva autorizzato (nel primo caso) l’istituzione del Casinò e con il quale, e del 1967, con il quale aveva dato attuazione alla delibera consiliare del Comune di Taormina che, a sua volta, aveva deliberato l’istituzione del Casinò Municipale di Taormina, ha di fatto impedito che la Corte Costituzionale si pronunciasse nel merito dei ricorsi.
Anche l’indagine sui poteri concessi all’autonomia siciliana, cui pure la stessa Regione aveva fatto riferimento nel difendere in un primo momento il proprio decreto del 1967, è stata poi preclusa dal successivo provvedimento di caducazione del decreto, per cui non è possibile, al momento, affermare che la Corte Costituzionale abbia negato che la Regione Siciliana goda della potestà legislativa necessaria a legiferare in tema di gioco.
Sul punto, però, risulta utile richiamare la sentenza n. 185 del 24/6/2004 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale della legge n. 17/2002 con la quale la Regione Friuli Venezia Giulia aveva deliberato l’istituzione di case da gioco nella regione.
La Corte, pur affermando la necessità di un intervento di razionalizzazione da parte del legislatore in materia, ha confermato che una tale legge agirerebbe il divieto del gioco d’azzardo e legifererebbe in materia penale, materia sottratta alla potestà legislativa regionale, essendo rimessa alla esclusiva potestà legislativa azionale".

CASINO' TRA ETICA E GIURISPRUDENZA - Dopo questo approfondito excursus, Deluca così conclude: "Non vi sono ragioni né di carattere etico, né di carattere giuridico, che impediscano a Messina di diventare sede del Nuovo Casinò del Mediterraneo.
Dal punto di vista giuridico, come già esposto, la legislazione nazionale si rivela anacronistica, poiché il divieto generale e assoluto, di praticare il gioco d’azzardo risulta ormai superato, nei fatti, dal ricorso al gioco d’azzardo on-line e dalla possibilità, concessa a chiunque, di accedere alle sale da gioco on-line, diffuse in modo quasi capillare sul territorio nazionale.
L’istituzione di un Casinò nel Comune di Messina consentirebbe dunque alla città di appropriarsi nuovamente del ruolo di protagonista dell’area del Mediterraneo, attraendo i giocatori provenienti dalle aree meridionali del mediterraneo, e contribuendo a rilanciare l’economia locale.
Le entrate del casinò, così come previsto per il Casinò di Saint Vincent, costituirebbero, almeno in parte, un gettito locale, a disposizione delle casse comunali.
Inoltre, la realizzazione di un Casinò, contribuirebbe a fare risorgere le attività ricettive turistiche che, negli ultimi anni, sono ormai scomparse da Messina (unica città al mondo, forse, dove un albergo a quattro stelle è stato adibito a dormitorio per i migranti!), con ovvi ed immediati risvolti anche sull’occupazione.
La quasi scomparsa di alberghi e attività ricettive di lusso nella città di Messina è un dato preoccupante e paradossale al tempo stesso, ove si consideri che in città opera da moltissimi anni l’Istituto Antonello che forma specificatamente, e con ottimi risultati, figure professionali destinate ad operare nel settore ricettivo e turistico, i cui studenti, per svolgere gli stage professionali e le esperienze di alternanza scuola lavoro, sono costretti a recarsi fuori città!
Un Casinò del Mediterraneo con sede a Palazzo Zanca non è una provocazione, ma l’espressione, concreta ed immediata, di un’amministrazione che vuole che Messina torni ad essere produttiva e protagonista".

 
 

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