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Casinò: al centro l’eccedenza di personale

13 agosto 2018 - 14:09

L'analista di gaming Mauro Natta esamina la crisi dei casinò italiani e parte dal tema del personale.

Scritto da Mauro Natta
Casinò: al centro l’eccedenza di personale

I recenti avvenimenti e l’esperienza, sia da dipendente sia, ancor più, da consulente, mi invogliano a fare alcune considerazioni che ritengo doverose in un momento dove pare che quasi tutte le colpe siano da addebitare all’eccedenza di personale.

Potrebbe, in minima parte, corrispondere al vero, ma perché si è giunti a questi punti dal difficile ritorno?

Per quale motivo non si cercano le colpe in altre parti che, sicuramente, a questa situazione hanno concorso?

Come sostengo da sempre – e per quanto possibile anche al tempo in cui ero dipendente – la colpa è una brutta bestia e non la vuole mai nessuno; resta il dovere di andare a ricercarla perché non la si può far pagare continuamente agli stessi!

Nel 2007 il mercato nazionale aveva raggiunto 514,9 milioni dei quali 202,9 per giochi lavorati e 312 per slot. Dal 2008 al 2013 troviamo i seguenti risultati: totale introiti 494,8; 460,1; 442,5; 405,2; 324,2; 308,3. Slot 301,3;  279,1; 270.1; 250,1; 203,9; 184,4. Giochi lavorati 193,4; 181; 172,8; 155,1; 120,3; 123,9.
Ora il domandarsi cosa hanno messo in opera le case da gioco italiane alla luce di un simile trend non dovrebbe rappresentare una stranezza ma una giusta richiesta.
Da notare che la roulette francese è passata nel periodo precedentemente considerato da 58,9 a 22,4, la fair roulette da 47 a 30,4, lo chemin de fer da 21 a 8,2; il che la dice lunga sulla qualità del gioco. Argomento sul quale conto, brevemente, di ritornare.
Quanti gestori hanno riflettuto sulla opportunità di affrontare una crisi irreversibile (lo sostenevano tutti gli addetti ai lavori) con ad esempio, la multifunzionalità del personale, in specie quello addetto ai giochi? Non può dubitarsi che un simile accorgimento avrebbe favorito lo sfoltimento dei reparti con la mancata sostituzione di coloro che hanno raggiunto la pensione. Ma aggiungo che si poteva tranquillamente aderire al criterio di adeguare l’offerta alla domanda e, in parte, al miglioramento dei servizi alla clientela.
Non occorre andare molto distante perché in uno Stato confinante da tutti i lati con  l’Italia abbiamo un esempio da imitare che, tramite l’incremento dell’offerta di gioco non ha subito il trend negativo che, invece, ha colpito le case da gioco del Paese.
Eppure i gestori italiani potevano ricordare quanto era avvenuto con l’introduzione dei giochi americani ad iniziare da Saint Vincent (1981) per finire a Venezia (2000).
Ritorno sulla qualità del gioco e, al tempo stesso, reintroduco un argomento del quale mi sono largamente occupato, a dire il vero, con scarsissimi risultati; lo ritengo fondato e come me molti esperti del settore.
La qualità del gioco rispecchia l’introito in mance che, in parte, vanno al gestore. Un tempo ormai abbastanza lontano detto importo andava a confortare il costo del personale, ora, purtroppo, non più nell’identica misura.
 

Sino a qualche anno or sono l’imposta sulle vincite realizzate nelle case da gioco era assolta, all’origine, con un leggero incremento dell’imposta sugli spettacoli a carico del gestore.

La Legge Europea del 2015 stabilisce che le stesse vincite al  gioco sono esenti da imposta personale sul reddito delle persone fisiche.

La Legge 488/86 ex D. L.318/86, art.19, afferma che le entrate derivanti all’ente pubblico hanno natura giuridica tributaria.

Ora mi continuo a chiedere per quale motivo le mance attribuite al personale di gioco dei Casinò italiani – tenuto presente che la mancia come afferma la Corte di Cassazione è una parte della vincita, aggiungerei la più piccola – debba essere assoggettata ad Irpef e, conseguentemente, a contribuzione pensionistica. Se la mancia in discorso fosse esente come la vincita – non dovendola assoggettare a contribuzione pensionistica – si ridurrebbe il costo del lavoro evitando una partita di giro che mi è difficile trovare a chi giova.

Concludo con l’esposizione, dal 2009 al 2013, dei risultati separando i giochi tradizionali da quelli americani e escludendo, da questi ultimi, le slot segnalate a parte. Sono assenti i giochi online.
Tradizionali 2009: 66.634.324; 2013: 32.755.743
Americani 2009: 114.409.337; 2013: 91.136.918
Slot 2009: 279.081.234; 2013: 184.454.066
Totale 2009: 460.124.895; 2013: 308.346.727
Definitivamente metto all’attenzione del Lettore le differenze tra il 2009 ed il 2013 e mi domando come sia stato possibile che siano sfuggite. I dati seguenti sono tutti relativi al mercato nazionale.
Slot: 94.6; giochi lavorati: 57,2; totale introiti: 151, 8.
Pare alquanto impossibile che di fronte ad un trend così evidentemente al ribasso ci si possa essere fermati alle quote di mercato e non anche – il che sarebbe stato molto più producente a mio parere – sull’incidenza degli introiti derivanti dalle slot sul totale.
L'AUTORE - Mauro Natta è stato segretario nazionale dello Snalc e ha lavorato nei casinò di Venezia e di Saint Vincent.

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