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Verso nuova legislatura: riordino casinò per rispondere a Consulta

18 agosto 2022 - 16:23

Dopo le elezioni del 25 settembre sarà tempo anche di riprendere in mano la decennale questione del riordino normativo dei casinò.

Scritto da Mauro Natta

Vero è che il 25 settembre si andrà a votare per rinnovare il Parlamento, è altrettanto vero che, prima o poi, l’argomento gioco dovrà essere affrontato. È molto probabile che la problematica case da gioco venga ripresa in esame anche per soddisfare il, se non erro, duplice invito della Corte Costituzionale a provvedere per dotare di una legge organica sulle case da gioco il nostro ordinamento.

A dire il vero nel 1992 il Parlamento aveva cominciato il lavoro preparatorio, molte proposte e disegni di legge erano stati depositati e la problematica era, mi pare, ben rappresentata dall’art. 1 del disegno di legge n. 1185 della sedicesima legislatura.
“1. Ai sensi della presente legge è consentita l’istituzione di nuove case da gioco per la pratica del gioo d’azzardo, su tutto il territorio nazionale, in deroga agli articoli 718, 719, 720, 721 e 722 del codice penale”.

Gli articoli seguenti trattano: istituzione di nuove case da gioco, costituzione e gestione delle case da gioco, capitolato generale, regolamento di attuazione, proventi derivanti dal gioco d’azzardo, direzione centrale per il controllo delle case da gioco e nucleo speciale di polizia, case da giovo in attività, ecc. ecc.
Ora cerco di evidenziare ciò, che a mio modo di vedere, sono gli argomenti che dovrebbero o potrebbero essere compresi nella discussione generale.

Ne indico due, il primo che troviamo nel progetto di legge citato all’art. 5 (regolamento di attuazione), lett. e: le modalità di svolgimento delle operazioni di cambio assegni e di anticipazione nella casa da gioco, riconoscendo alla stessa, in deroga all’articolo 1933 del codice civile,la possibilità di esercitare l’azione di recupero dei crediti di gioco.

Il secondo argomento e non è la prima volta che ne scrivo ma ora, stante la sensibilizzazione generale in tema di cuneo fiscale, è una proposta motivata e confortata adeguatamente per giustificare una revisione del trattamento fiscale delle mance ai croupier nelle case da gioco.

Si tratta, in buona sostanza, della diminuzione del costo del lavoro a beneficio delle entrate tributarie degli enti pubblici proprietari tramite un calo dei costi gestionali e, contemporaneamente, consentire un trattamento economico nei confronti di tutti gli altri dipendenti anche alla luce dell’applicazione del cuneo fiscale. Ve ne sono stati, in passato, altri esempi mirati a diminuire il costo complessivo delle gestioni,

D’altra parte, come giustamente li ha denominati il Comune di Sanremo, non c’è alcun dubbio che si parli di entrate tributarie. Anche i decreti istitutivi delle case da gioco italiane, dal 1927 in poi, sono espliciti in argomento così come la L. 388/86.
Mentre le case da gioco dovrebbero rappresentare una fonte di arricchimento per gli enti pubblici sul cui territorio insisteva una casa da gioco, ora, purtroppo, non è più così.

La mancia è una parte della vincita. La sentenza n. 1776 del 18 maggio 1976 della Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione, a proposito della mancia al croupier, recita: “ Il sistema mancia è retto da un uso normativo - si ricava dall’indirizzo consolidato della giurisprudenza dal 1954 – tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto che obbliga il giocatore vincente ad elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti ed il gestore …”

Si veda l’art. 7 della Legge Europea 2015 (Disposizioni in materia di tassazione delle vincite da gioco. Esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell’unione europea 22 ottobre 2014 …). L’articolo citato prevedeva e stabilisce che le vincite al gioco corrisposte da case da gioco autorizzate in Italia o negli Stati membri dell’Unione europea o nello Spazio economico europeo non concorrono a formare il reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta.
La precedente normativa italiana prevedeva, al comma 1 dell’art.69 del T.U.I.R. (DPR 22 dicembre 1986, n.917) che le vincite in discorso costituivano reddito ed erano considerati quali redditi diversi (art.67, comma 1, lettera d).

Il fondamento del ragionamento in discorso sta nel fatto che tassando le vincite al gioco si correva il rischio di un vistoso calo di giocatori che sarebbero andati all’estero forse camuffati da turisti. Oppure poteva succedere che le case da gioco si addossasero l’imposta o, peggio, la trattenessero. Il che avrebbe prodotto un incremento del costo di gestione e, per contro, una diminuzione consistente delle entrate tributarie degli enti pubblici proprietari di una casa da gioco.

Ed ecco la soluzione del problema “imposta sulle vincite”: la ritenuta sulle vincite corrisposte dalle case da gioco autorizzate è compresa nell’imposta sugli spettacoli di cui all’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640”.
Con quanto precede si è allontanata la tassazione sulle vincite in capo ai vincitori, si è evitato una tassazione specifica alla fonte a carico delle gestioni e tutti vissero felici e contenti come nelle favole. Invece non è così!

Il costo del lavoro - incrementato dalla normativa di cui al decreto legislativo n. 314/97 - e la contemporanea diminuzione degli introiti sia netti sia accessori contribuiscono alla evidente riduzione se non annullamento del risultato positivo di gestione.

Concludo avanzando convintamente l'opinione che non pare logico trattare in modo differente la parte principale della vincita ottenuta dal giocatore e quella minore della quale beneficia il croupier.
Riassumendo: l’approvazione del decreto legislativo n. 314/97, in tema di armonizzazione tra importo imponibile ai fini Irpef e quello ai fini pensionistici, le mance hanno ricevuto una, perdonatemi il termine, sistemazione.

Non era logico e tollerabile, nell’ambito di uno stesso ordinamento giuridico, che una attribuzione patrimoniale fosse qualificata come compenso ad un effetto (quello fiscale) e non ad un altro effetto (quello lavoristico-previdenziale), proprio in un combinato normativo in cui quella qualificazione presuppone necessariamente quest’altra.
Non può nutrirsi dubbio sul fatto che la contribuzione sulle mance ha causato un notevole incremento del costo del lavoro.

In buona sostanza c’è da ritenere che trattando fiscalmente la mancia come la vincita (della quale, appunto la mancia, è la parte più piccola) si avvia un percorso che agisce positivamente al mantenimento dell’occupazione diretta e dell’indotto e permette il raggiungimento dell’obiettivo di cui ai decreti istitutivi delle stesse dal 1927 in poi.

La maggiorata disponibilità economica permetterà al percettore di provvedere ad una assicurazione integrativa della pensione anche per il tramite delle Ooss.

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