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Cjeu: 'Norme ungheresi su casinò incompatibili con diritto Ue'

28 febbraio 2018 - 09:46

Secondo la Corte di Giustizia Europea le norme dell'Ungheria sull'organizzazione dei casinò online sono incompatibili con il diritto dell'Ue.

Scritto da Redazione
Cjeu: 'Norme ungheresi su casinò incompatibili con diritto Ue'

La normativa ungherese sul rilascio di concessioni per la gestione di casinò tradizionali e quella in materia di organizzazione di giochi di casinò online non sono compatibili con il diritto dell’Unione.
Infatti, come si legge in una nota della Corte di Giustizia Europea, le norme in questione impediscono in maniera discriminatoria agli operatori di giochi d’azzardo stabiliti in un altro Stato membro di accedere al mercato ungherese di questi giochi.

IL CASO - La Cjeu è stata chiamata a intervenire sul caso relativo a Sporting Odds, società britannica che possiede un’autorizzazione per l’organizzazione nel Regno Unito di giochi d’azzardo online, compresi i giochi di casinò. Nel 2016, l’autorità fiscale ungherese ha constatato che la Sporting Odds offriva servizi riguardanti giochi d’azzardo online in Ungheria senza però possedere la concessione e l’autorizzazione richieste a tal fine dalla normativa ungherese. Per tale violazione, l’autorità fiscale ha inflitto alla Sporting Odds un’ammenda di un importo di 3.500.000 fiorini ungheresi (11.260 euro circa).

Ritenendo che la normativa ungherese sull’organizzazione dei giochi d’azzardo online e, in
particolare, le norme sui giochi di casinò online fossero contrarie al diritto dell’Unione, la Sporting Odds ha proposto un ricorso dinanzi al Fővárosi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Budapest, Ungheria) al fine di far annullare la decisione dell’autorità fiscale.

Detto giudice chiede alla Corte di giustizia, tra l’altro, se le norme nazionali sull’organizzazione dei giochi di casinò tradizionali e online siano compatibili con il principio della libera prestazione dei servizi.
 
LA SENTENZA - Con la sua sentenza, la Corte constata anzitutto che "il fatto che, in Ungheria, alcuni tipi di giochi d’azzardo (in particolare le scommesse sportive e quelle ippiche) siano assoggettati a un monopolio pubblico, mentre altri (in particolare i giochi di casinò tradizionali e online) possono essere organizzati da operatori privati, titolari di apposita autorizzazione, non rimette in discussione la compatibilità di detto monopolio con il principio della libera prestazione dei servizi.
Infatti, un siffatto sistema dualistico non pregiudica, di per sé stesso, l’idoneità del monopolio di cui sopra a realizzare l’obiettivo da esso perseguito, consistente in particolare nel prevenire la dipendenza dei cittadini dai giochi d’azzardo.
Allo stesso modo, il fatto che tale sistema dualistico sembri avere come scopo non soltanto di  raggiungere i legittimi obiettivi perseguiti, ma anche di generare introiti di bilancio supplementari e di favorire un’espansione controllata dei giochi d’azzardo non rimette in discussione, di per sé solo, la legittimità del regime normativo ungherese nei limiti in cui quest’ultimo sia effettivamente inteso a realizzare tali obiettivi.
Di conseguenza, salva la verifica, da parte del giudice ungherese, del rispetto di tali obiettivi, la Corte rileva che il sistema dualistico di organizzazione del mercato dei giochi d’azzardo in Ungheria è compatibile con il diritto dell’Unione.
Poi, la Corte constata che la normativa ungherese riserva la possibilità di ottenere un’autorizzazione per l’organizzazione di giochi di casinò online ai soli operatori che gestiscono, in virtù di una concessione, un casinò situato nel territorio nazionale, il che costituisce una restrizione discriminatoria. A questo proposito, la Corte considera che una siffatta restrizione radicale del principio della libera prestazione dei servizi non può essere giustificata sulla scorta degli obiettivi attinenti all’ordine pubblico e alla sanità pubblica evocati dal governo ungherese, in quanto gli stessi potrebbero essere raggiunti mediante misure meno pregiudizievoli.
Quanto alla questione se l’Ungheria assicuri in modo non discriminatorio che il presupposto per poter ottenere un’autorizzazione per l’organizzazione di giochi di casinò online (ossia essere in possesso di una concessione per la gestione di un casinò tradizionale) può essere soddisfatto dagli operatori, la Corte fa riferimento alla propria sentenza Unibet 1, nella quale essa ha già constatato, in un altro contesto, l’illegittimità della normativa ungherese riguardante l’accesso ai contratti di concessione che consentono l’organizzazione di giochi d’azzardo online.

Così, la Corte ricorda, da un lato, che, sebbene la possibilità di organizzare delle pubbliche gare per la conclusione di contratti di concessione sia prevista dal diritto ungherese, tali gare non sono ancora state organizzate in Ungheria. Dall’altro lato, la condizione secondo cui un operatore di giochi d’azzardo "di provata affidabilità" – con il quale, a norma del diritto ungherese, lo Stato può concludere contratti di concessione anche senza previo esperimento di pubbliche gare – deve aver esercitato per un periodo di dieci anni un’attività di organizzazione di giochi d’azzardo in Ungheria, costituisce una disparità di trattamento. Infatti, tale requisito penalizza gli operatori di giochi d’azzardo stabiliti in altri Stati membri rispetto agli operatori nazionali che possono soddisfare tale condizione più facilmente.
Alla luce di tali circostanze, la Corte dichiara che né la normativa ungherese in materia di rilascio di concessioni per la gestione di casinò tradizionali, né quella relativa all’organizzazione di giochi di casinò online sono compatibili con il principio della libera prestazione dei servizi.
 

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