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Verso il nuovo Dpcm, verso la mancata riapertura

29 marzo 2021 - 14:10

Nonostante le grida d'allarme provenienti dal settore del gioco, pare difficile che i casinò possano riaprire i battenti il 7 aprile.

Scritto da Anna Maria Rengo
Verso il nuovo Dpcm, verso la mancata riapertura

Lavori in corso per il nuovo Dpcm che detterà la disposizioni che entraranno in vigore alla scadenza di quello vigente, il 6 aprile. Ma più che di nuove disposizioni, almeno per quanto riguarda nello specifico il settore del gioco, è più probabile parlare di “proroga”. Una parola dolorosa da pronunciare e da leggere, visto che i casinò sono chiusi da fine ottobre e questo prolungato lockdwon, che peraltro si aggiunge a quello della scorsa primavera, sta mettendo a durissima prova aziende, dipendenti, proprietà e l'indotto dei territori di riferimento.

Purtroppo, non pare proprio che ci siano spiragli affinchè i casinò possano riaprire tra pochi giorni, e comunque già si parla della proroga del divieto di spostarsi tra regioni almeno fino al 30 aprile, il che, come ampiamente ricordato, renderebbe inutile e anzi controproducente la riapertura, come minimo, di quello valdostano, che si rivolge in grandissima misura a una clientela proveniente da fuori regione.

In questo contesto, il settore del gioco terrestre nel suo complesso, ormai tutto nella stessa barca che assomiglia sempre di più a un Titanic, è sceso nelle piazza. In tutti i modi possibili: prima con le manifestazioni organizzate dalle donne del gioco, poi con quella promossa in contemporanea a Milano e a Roma da un'associazione temporanea di imprese costituita proprio allo scopo di far sentire la “voce” del gioco lecito. Poi, ancora, sono stati i sindacati a prendere la parola, con un'assemblea online che purtroppo, causa zona rossa nel Lazio, ha scelto appunto questa forma virtuale al posto di quella fisica.

Ma i risultati non si sono visti, e i casinò terrestri sono anzi il settore che risulta più penalizzato, essendo del tutto escluso dai contributi a fondo perduto previsto dal decreto Sostegni (come i grandi concessionari o aziende di gioco “pubblico” del resto, ossia quei soggetti che fatturano più di dieci milioni di euro) e, questo l'elemento che li contraddistingue, avendo la loro chiusura un forte impatto anche a livello locale, sulle proprietà pubbliche che si sono visti venire a mancare una importante fonte di sostentamento e di introiti da destinare ai rispettivi bilanci.

Non vorremmo essere pessimisti, ma certamente serve uno sforzo di sensibilizzazione in più da parte dei casinò, delle loro proprietà e dei loro sindacati di riferimento, per fare capire al governo centrale l'entità della loro crisi. Ovviamente, l'obiettivo di tutti sarebbe di riaprire al più presto, anche in considerazione del fatto che i casinò non solo mai stati focolai di contagi e che i loro protocolli sanitari sono tanto rigorosi quanto rigorosamente erano stati fatti rispettare. Ma se questo non è possibile (come pare con un pizzico di ideologia che sia questo l'orientamento scelto in Italia), che almeno si prenda consapevolezza che questa chiusura va “ristorata”, come avrebbe detto Giuseppe Conte, o “sostenuta”, come ha coniato invece Mario Draghi. In maniera seria e concreta. Anche, e soprattutto, sul fronte degli enti pubblici, che per ora hanno lasciato tutte le entrate in mano ai casinò. Praticamente, da molti mesi, zero euro alle proprietà e zero euro ai casinò. Per quanto ancora è sostenibile una situazione del genere?

 

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