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La diversità che fa la differenza

21 dicembre 2020 - 15:17

Una volta tanto, i casinò hanno qualche carta in più da giocare al momento di decidere sulla loro riapertura.

Scritto da Anna Maria Rengo

Fortemente penalizzati dal gioco pubblico che dal 2005 in poi ha imperversato lungo la Penisola, rosicchiando loro con decisione quote e quote dei mercato. I casinò hanno per anni subìto la concorrenza di sale slot, apparecchi dei locali pubblici e sale Vlt, ma il vento a loro sfavore aveva da qualche anno cambiato direzione, con il progressivo "attacco" da parte di Regioni ed Enti locali al proliferare del gioco e soprattutto alle sue conseguenze dal punto di vista sociale.

Un attacco non certamente solo verbale, ma che, in mancanza di norme chiare e univoche a livello nazionale, ha poi preso la forma di leggi regionali e di ordinanze comunali che hanno imposto limiti temporali e spaziali ai giochi. Tutto questo fino a questo 2020 che si avvia per fortuna a conclusione, e durante il quale sale giochi e casinò sono stati posti sullo stesso piano dalla pandemia, quella "livella", come direbbe Totò, che ha portato il Governo a chiudere tutto e tutti "quelli del gioco", così da fronteggiare la prima e poi la seconda ondata di Covid-19.

Ora però, in questa giornata, lunedì 21 dicembre, in cui tutta l'Italia è diventata arancione e si appresta addirittura a diventare rossa per le feste, è tempo, con un pizzico di ottimismo e di lungimiranza che non guastano mai, di iniziare a pensare alla riapertura. Come noto, il Dpcm, che ha disposto la sospensione delle attività di gioco, ha previsto misure valide fino al prossimo 15 gennaio. E anche se in molti temono che questa data sarà agevolmente oltrepassata senza che si parli di riaprire nuovamente il gioco, c'è da dire che le proprietà dei casinò, vale a dire Regione Valle d'Aosta e Comuni di Sanremo e di venezia, sono fortemente preoccupati per questo scenario, e si stanno mobilitando attivamente affinchè la specificità dei casinò venga rivendicata anche nelle sedi governative, che sono peraltro le uniche con effettivo potere decisionale.

Ben venga dunque, ovviamente nell'ottica pro-casinò, l'iniziativa portata avanti dall'assessore regionale alle Partecipate Luciano Caveri, che ha organizzato, come annunciato nel corso dell'ultima assemblea di Federgioco, una videoconferenza con i suoi omologhi, a livello comunale, di Venezia e di Sanremo, durante la quale le preoccupazioni per la tenuta delle aziende, della loro occupazione, ma anche per i bilanci delle proprietà, hanno preso chiaramente forma, e si sono tramutate nella proposta di un documento congiunto da presentare al Governo, ma anche di un incontro con i parlamentari di riferimento dei diversi territori.

Sicuramente il pressing che possono fare le proprietà pubbliche nei confronti del Governo ha maggiore "peso" di quello che possono fare proprietà private come i concessionari. Tuttavia, è difficile che questi ultimi starebbero passivamente a guardare un Governo che autorizzasse la riapertura dei casinò, lasciando le loro sale chiuse e/o almeno senza spiegarne i motivi e/o fissare una data anche per loro. Un bel ginepraio da districare, tenendo conto, tuttavia, che il "gioco", inteso nel senso più ampio, può certamente essere criticato di non essere attività indispensabile, se non addirittura inutile, ma non esistono prove che abbia contribuito al diffondersi del virus. Forse un approccio comprensivo al tema della sua riapertura può essere quello più praticabile e ben venga, in tal senso, se i casinò riusciranno a fare valere i loro motivi, in alcuni casi distintivi, ma in altri accumulabili agli altri comparti del gioco.

 

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