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Casinò e Dpcm, tra sviste e provvedimenti regionali

26 ottobre 2020 - 16:23

Nell'ultimo Dpcm anche i casinò inclusi nelle attività di gioco sospese fino al 24 novembre: niente più dubbi sull'interpretazione dei provvedimenti governativi.

Scritto da Anna Maria Rengo

Stavolta, per la prima volta da marzo a questa parte, è scritto nero su bianco. Parliamo dell'ultimo Dpcm, quello entrato in vigore oggi 26 ottobre, e con il quale si sospende fino al 24 novembre l'attività di sale giochi, sale bingo, sale scommesse "e casinò". Un provvedimento che stavolta non lascia margine di interpretazione sull'ambito di applicazione, come invece avevano fatto tutti i Dpcm che si sono susseguiti da quando è iniziata l'emergenza Covid-19 e da quando il premier Giuseppe Conte ha iniziato a prendere provvedimenti di interesse anche per il settore del gioco. A cominciare dal Dpcm dell'8 marzo con il quale si disponeva la chiusura delle location di gioco, per proseguire con quello di giugno che consentiva la riapertura, ma nel rispetto di protocolli rigidi e certificati e affidando alle Regioni il compito di disporre la riapertura, possibile dal 15 giugno in poi.

C'è da dire che fino al 17 ottobre, quindi fino al penultimo Dpcm con cui Conte consentiva l'attività di "sale giochi, bingo e scommesse" dalle 8 alle 21, non si era posto con particolare forza l'interrogativo se queste disposizioni riguardassero anche i casinò. Tant'è che i casinò sempre si erano sempre adeguati alle previsioni normative. Ma con il penultimo Dpcm, c'è chi ha fatto legittimamente notare diversi elementi: i casinò non sono espressamente citati nella disposizione e certamente non possono essere definiti "sale giochi" (nè tantomeno "sale scommesse " o "sale bingo"); essi sono autorizzati a operare ai sensi di ordinanze regionali (tutte emesse a giugno dalla Regione Liguria, dalla Regione Valle d'Aosta e dalla Regione Veneto) emanate dopo aver verificato l'esistenza di rigidi protocolli sanitari, peraltro altrettamento rigidamente applicati; i casinò non solo mai stati "location" di casi di Covid-19 e tantomeno focolai, perciò hanno tutte le carte in regola per continuare a operare anche in questo difficile momento in cui la seconda ondata del contagio ha purtroppo investito il Paese.

Si tratta di considerazione del tutto condivisibili, che forse sarebbe stato possibile fare valere unitariamente tra i tre casinò, e magari già da marzo, così da fissare un punto saldo e ribadire la loro "specialità" nell'ambito del panorama di gioco pubblico. Tuttavia, nè il Viminale (il ministero cui fanno capo i casinò) nè Palazzo Chigi hanno voluto o potuto fare i necessari distinguo. E neanche con il penultimo Dpcm i casinò hanno ritenuto di voler portare avanti un'azione unitaria, in due casi adeguandosi alle disposizioni, in un altro proseguendo su una strada solitaria ma che ha dei fondamenti legali.

Da qui a dire, però, che i casinò fossero esentati da sempre dalla disposizioni dei vari Dpcm, e che solo l'ultimo, a sorpresa, li riguarda, ci sono però diversi ostacoli logici da superare, tra cui anche il fatto che finora, appunto, pur non citati (e sarebbe da capire in effetti come mai ci sia stata questa "svista" da parte dell'Esecutivo) si sono sempre considerati inclusi. Possibile che nella loro inclusione abbia influito, almeno nel far notare la svista precedente, l'intervento del senatore Albert Lanièce, che in realtà aveva interloquito con Palazzo Chigi allo scopo prioritario di evidenziare la sicurezza con cui i casinò operano e quindi l'opportunità di esentarli, tutti e tre, dagli obblighi previsti dal Dpcm. La risposta, prima orale ma con il nuovo Dpcm scritta, è stata univoca: i casinò sono assimilati alle altre location di gioco, almeno dal punto di vista sanitario.

Certamente sarebbe stato opportuno che il legislatore fosse stato più chiaro su questo tema sin dall'inizio, senza dimenticarsi di realtà importanti per i territori di riferimento, e di proprità e gestione pubblica. Realtà così importanti, a dire il vero, che il fatto che non fossero state citate poteva indurre all'interpretazione che appunto, questi Dpcm non stavano parlando di esse, ma di "altro".
Resta la dura e stavolta univoca realtà: chiusura per tutti, e grossissime difficoltà e necessità di ristorni immediati. Possibilmente, scritti nero su bianco!

 

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