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I casinò ai tempi del coronavirus

02 marzo 2020 - 11:16

Italia in piena emergenza coronavirus: in chiave business è da guardare a quando sta avvenendo in Asia.

Scritto da Anna Maria Rengo
I casinò ai tempi del coronavirus

Non è destinata a placarsi in tempi brevissimi, l'emergenza coronavirus che ha purtroppo colpito anche l'Italia. Tant'è che la strada del ritorno alla normalità è ancora tutta da imboccare, e forse, lo diciamo con la speranza di essere clamorosamente smentiti, non si è ancora toccato il punto più basso. Prova ne è, per restare in ambito esclusivamente business, che il Casinò di Venezia, che avrebbe dovuto riaprire i battenti da oggi, lunedì 2 marzo, resterà chiuso fino al giorno 8, questa la data certa, nella speranza che non sia ulteriormente prorogata, perché questo starebbe a significare che i rischi di contagio non sono ancora diminuiti.

In queste giornate in qualche modo "storiche", in quanto la maggior parte di noi mai prima d'ora si è trovato a dover fare i conti con un'epidemia di portata così globale da dover cambiare le proprie abitudini quotidiane, le domande che ci si pongono sono numerose e quella sulla quale abbiamo deciso di focalizzare l'attenzione è questa: "quanto durerà, ancora?"

Un tentativo di risposta può arrivare da quanto sta avvenendo nel primo focolaio di infezione, la Cina, In tempi decisamente non sospetti, e senza pensare che poi queste notiziole sarebbero diventate notizione e poi avrebbero colpito anche noi, l'8 gennaio su questo sito rendevamo conto di alcuni casi di polmonite che si erano verificati in Cina, e che stavano impensierendo i casinò di Macao. Sono passati diversi giorni prima che il caso isolato, raccontato quasi per dare un tocco di colore, diventasse la notizia di prima pagina sia in Cina che, poco dopo, anche in Italia. Ed è del 4 febbraio la decisione ufficiale del governo di Macao di chiudere i casinò per quindici giorni, un periodo che si pensava sarebbe stato prorogato, ma così non è stato. Dal 20 del mese scorso, i casinò sono stati autorizzati a riaprire, e la maggior parte di essi lo ha fatto, pur nella consapevolezza che il business sarà ancora, per settimane e non mesi, assai ridotto, tra paure e limitazioni ai viaggi.

Senza volerci mettere anche noi nella schiera dei tuttologi che fanno scuola in ogni dove, è possibile che anche in Italia ci sarà un trend analogo e che dunque dopo il "picco" la situazione potrà tornare gradatamente alla normalità, come in Cina si sta già cercando di fare.

Sicuramente la preoccupazione per la salute individuale e collettiva viene avanti a tutto e un'attività per definizione "non necessaria" come il gioco viene neanche per seconda cosa, ma non sta neanche nella top ten di quelle di cui occuparsi prioritariamente.
Resta il fatto che l'industria complessiva del gioco italiano pagherà un conto salato, in particolare quella "terrestre", mentre ci potrebbero essere ricadute positive su quello online. Ancora, è troppo presto per fare delle stime di quanto sarà, anche perchè mille sono le variabili che intervengono, tra esse, non ultima rispetto a "vecchie" emergenze sanitarie globali, l'effetto dirompente che ha non solo la stampa nel veicolare le notizie, ma anche i social e le loro dinamiche di proparazione sponenziale di qualsiasi allarme vero o presunto.

L'impressione è che in Cina stiano, per quanto riguarda i tempi di gestione dell'emergenza, avanti a noi di almeno un paio di settimane. Questo deve almeno in parte confortare su una possibile fine dell'emergenza stessa, e fungere la cartina da tornasole di quello che potrà avvenire nel prossimo futuro.

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