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Casinò, un tesoretto da non disperdere

10 febbraio 2020 - 11:27

I dati di gennaio dei casinò italiani sono fortemente positivi, ma l'attenzione deve restare alta.

Scritto da Anna Maria Rengo
Casinò, un tesoretto da non disperdere

Gennaio fortemente positivo per i casinò italiani, e il primo scampolo di dati di febbraio, quelli relativi all'andamento di quello di Sanremo nella settimana del Festival della canzone, conferma che la ripresa è possibile.

Come del resto, anche il 2019 è stato un anno positivo, visto che sia Sanremo che Saint Vincent l'hanno chiuso registrando una crescita degli incassi. Da tempo non si vedevano risultati del genere, e questo deve fare ben sperare sul fatto che il “fondo” sia stato toccato e che una ripresa sia possibile. Una ripresa che può essere attribuita a più fattori, dalla limitazione del gioco pubblico (e annesso effetto espulsivo) che è ormai una costante in tutte le regioni italiane, alla chiusura del Casinò Campione, che però sembra avere avvantaggiato princalmente le case da gioco ticinesi.

Di certo, nella nuova legislatura ci sono stati anche provvedimenti e prese di posizione fortemente contrari al gioco, assai più che ai casinò, e anche questo può aver “giovato”, sia pure come contraccolpo. Basti pensare all'aumento della tassazione, anche sulle vincite, all'abbassamento del payout, o anche all'introduzione dell'obbligo di utilizzare la tessera sanitaria per giocare alle Vlt. E di certo, i tanti proclami, soprattutto del Movimento 5 Stelle, contro il gioco, hanno avuto come mira quello pubblico, e assai difficilmente i casinò sono stati chiamati in causa.

Senza dimenticare infine il decreto Dignità, che ha vietato tout court la pubblicizzazione di tutte le location di gioco (oltre che tutti i giochi, online compresi), penalizzando di più, come è normale, quelle che non hanno una storia decennale alle spalle, come sono appunto i casinò tricolori, anche se ovviamente la misura non è stata indifferente neanche per il loro business attuale e futuro.

I casinò non devono però illudersi di poter tornare ai fasti del passato: il fascino di roulette francese e chemin de fer si è ormai appannato, e se le loro slot sono fortemente concorrenziali, assai difficilmente si tornerà alla situazione ante-2005, quando cioè esse esistevano solo al loro interno.

Ma che una quota di mercato possa essere recuperata, lo mostrano appunto non tanto i dati di gennaio, che per quanto ottimi si riferiscono a un solo mese, ma quelli dell'intero anno passato. Si può tornare a crescere, ma a ben precise condizioni, che implicano anche un ripensamento del modello casinò, sia per quanto attiene l'offerta che nei contenimento dei costi gestionali, se si vuole che la ripresa abbia i suoi benefici effetti anche sul territorio di riferimento e che dunque serva a consolidare i bilanci.

Quale sia il nuovo modello cui tendere è un compito che spetta agli attuali manager, che per quanto ingaggiati da società interamente pubbliche devono ragionare, almeno per quanto attiene il business, con logiche da privati.
Senza esagerare, però: se i casinò sono stati investiti solo di striscio dalla burrasca mediatica innescata dalla stessa politica, è perché la loro proprietà pubblica, seppure criticabile sotto altri aspetti, li ha comunque posti su un piano privilegiato quanto ad argine al gioco patologico e legame con il territorio. La sfida 2020 è dunque ardua: ma stavolta si parte con dati in crescita. E non capitava da tanto, troppo tempo. Al puntto da pensare che sarebbe anche potuto non ricapitare.

 

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