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Casinò, tra vecchie e nuove rivendicazioni

29 aprile 2019 - 07:46

Anche Anzio, in provincia di Roma, vuole avere il suo Casinò: uno scenario che potrebbe essere valutato dal governo.

Scritto da Anna Maria Rengo
Casinò, tra vecchie e nuove rivendicazioni

Obiettivo riordino dell'offerta del gioco, come richiesto da più parti, a partire dagli stessi operatori, alle prese con una pluralità di norme locali che stanno creando grosse difficoltà alla prossibilità di fare e programmare il proprio business.

Un riordino che doveva avvenire, tramite un disegno di legge govervativo, entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto Dignità, ma che ancora latita, e probabilmente così sarà ancora per un po', visto che le elezioni amministrative ed europee ormai alle porte provocheranno certamente un rallentamento e poi addirittura l'interruzione dell'attività politica a livello nazionale.

Ma in questo scenario, ancora da definire, potrebbero e dovrebbero entrare anche i casinò, almeno a leggere l'atto con cui il Viminale ha dato seguito all'ordine del giorno del deputato di Fratelli d'Italia Marco Silvestroni, accolto come raccomandazione, e che impegnava il governo a "valutare l'opportunità di estendere il mandato del commissario straordinario (per il Casinò Campione d'Italia Ndr) di cui all'articolo 25 octies" del decreto fiscale "anche alle iniziative per la riqualificazione e riapertura del Casinò di Anzio".

Nel rispondere, sostanzialmente, “no”, a questa richiesta (dal momento che Maurizio Bruschi ha già il suo carico di lavoro, da svolgere pertanto in tempi molto ristretti), il ministero dell'Interno ha tuttavia sottolineato che “ogni iniziativa in materia di case da gioco potrà essere valutata e considerata, anche a livello parlamentare, in occasione della revisione della disciplina dei giochi, espressamente richiamata dal medesimo articolo 25 octies del decreto legge numero 199 del 2018". 

In questa sede, stavolta, non vogliamo parlare del riordino normativo dei casinò esistenti, ma delle rivendicazioni di quei comuni che da anni vorrebbero averne uno loro.

Sembrava un tema superato, dal dilagare del gioco pubblico e dalla corrispondente crisi dei casinò tradizionali, penalizzati peraltro da una proprietà e da una gestione pubblica che ne hanno fortemente appesantito i costi.

Ma il governo gialloverde ha sparigliato le carte, tanto per restare in tema di gioco. Dando una drastica stretta al settore del gioco pubblico, non solo dal punto di vista delle disposizioni in tema di pubblicità, ma anche per quanto attiene la tassazione.

In questo contesto, in effetti, è presumibile che un eventuale riordino, pur da tutti auspicabile visto che una regola stringente è sempre meglio di mille regole (oltretutto pure esse stringenti), metterebbe ulteriori paletti all'offerta ma potrebbe anche essere occasione per riflettere se il modello casinò, quello attuale o uno rivisitato, sarebbe da preferire, in un'Italia meno “giocosa” ma dove comunque esiste una domanda da soddisfare.

Se dunque i casinò possono essere un'arma, per quanto potenzialmente pericolosa, per combattere il gioco patologico, ma tutelando erario e occupazione, e magari (ma difficilmente il governo potrebbe essere a favore della tesi seguente) essere uno strumento di promozione turistica e culturale del territorio.

Chissà dunque se la rivendicazione di Anzio potrà avere un seguito, e trovare inaspettato ascolto proprio dal premier Giuseppe Conte.

Sicuramente bisogna dare attuazione all'annuncio che si sarebbe riformato il gioco. Una riflessione sui casinò è opportuna. Nell'ambito, ripetiamo, di un discorso generale.

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