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L'agonia senza fine di Campione d'Italia

16 marzo 2019 - 19:06

Cittadini esaperati e disperati: dov'è la politica e quali sono le sue decisioni su Campione d'Italia e sul suo Casinò?

Scritto da Anna Maria Rengo

Quale potrà essere il futuro delle Case da gioco italiane? Esiste un disegno al riguardo del governo? A quanto sembra, almeno a giudicare dalle recenti vicende, gli scenari appaiono quanto mai incerti e l'esecutivo ha assunto solo a parole (ci auguriamo con tutto il cuore solo per ora) degli impegni in riferimento alla situazione di gran lunga più critica, quella di Campione d'Italia.
Purtroppo abbiamo finito le parole per descrivere la drammaticità del lunghissimo momento che l'intera comunità sta vivendo, e nessuno spiraglio è apparso all'orizzonte dopo la sentenza della Corte d'Appello di Milano che ha annullato il fallimento della società di gestione, disposto, con sentenza, dal tribunale di Como. Anzi, per quanto poteva sembrare impossibile, questa sentenza (l'annullamento deriva da un vizio di forma e il tribunale di Como è chiamato a decidere di nuovo, iniziando dal piano di concordato che non era stato presentato a causa dell'opposizione del Comune, nella persona del commissario liquidatore Angela Pagano) suscita ulteriori motivi di fortissima preoccupazione, visto che un eventuale ricorso alla Corte di Cassazione allungherebbe i tempi per prendere qualsiasi decisione. Gli interrogativi sono tanti e tutti caratterizzati da estrema urgenza, anche se il fatto che sia “estrema” (a Campione circa 100 dipendenti comunali non ricevono lo stipendio da un anno e circa 500 dipendenti del Casinò non lavorano, né vengono pagati, da luglio scorso) non ha finora sortito nessuna risposta “urgente”. Solo un decreto fiscale che stabiliva la nomina di un commissario straordinario per valutare come riaprire il Casinò. Lo si sarebbe dovuto nominare entro metà gennaio. È passato metà marzo, e il decreto di nomina, che risulterebbe firmato dal premier Giuseppe Conte, è dal 22 febbraio (almeno questa la data presunta della firma) in Corte dei Conti, per dei controlli che non è ben chiaro come mai siano così lunghi, visto che si tratta pure di un atto che conferisce un incarico a titolo gratuito.

Certo, ragionando un po', in pochi vorrebbero essere nei panni del commissario in pectore, perché appunto, se prima c'era capire come superare i paletti posti dalla legge Madia che impedisce la ricostituzione di una società simile a una fallita da parte dell'ente proprietario (il solo Comune di Campione d'Italia), ora non è chiaro neanche se la società, dichiarata tuttora “viva” dalla Corte d'Appello di Milano, resterà in questo stato ancora a lungo, o cederà ai colpi di un nuovo giudizio presso il tribunale lariano (tanto più che il monte dei debiti sembra crescere di giorno in giorno e se ne aggiungono altri milioni nei confronti del Comune) o languirà in un tremendo limbo nelle aule di giustizia del Palazzaccio romano. Quello che è certo è che per ora non si riapre. Tutti a casa, anzi per strada, come è avvenuto nella manifestazione di sabato 16 marzo, quando i cittadini hanno bloccato il traffico, gridando a gran voce la loro rabbia ma anche la loro richiesta di aiuto. Dov'è la politica? La magistratura non ha dato soluzioni, e del resto non spettava a essa decidere che cosa fare di Campione. La sua è una valutazione “tecnica”, ed è dunque la politica a decidere che cosa fare.

Se ha deciso che non si può riaprire, lo dica. Sarà una mazzata sul capo di chi ancora sperava che si potesse tornare a una nuova normalità, per quanto in tono minore, ma la morte talvolta è meglio di una prolungata agonia. E l'attesa rischia di sfociare in atti inconsulti, come non sarebbe accettabile, ma forse comprensibile da parte di centinaia di persone che sono letteraralmente alla fame e che hanno sentito di tutto, di più. E visto di nulla, di meno.

 

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