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Casinò, estate torrida all'ombra del Parlamento

16 luglio 2018 - 07:51

Anche i casinò attendono con trepidazione l'esito dei lavori parlamentari di conversione del decreto Dignità.

Scritto da Anna Maria Rengo
Casinò, estate torrida all'ombra del Parlamento

Non sarà affatto un'estate facile, per il settore del gioco in generale e dei casinò nello specifico. Il decreto Dignità, voluto dal ministro Luigi Di Maio per porre un argine a quello che a suo dire è il grave problema della ludopatia (anzi azzardopatia usando il termine caro ai pentastellati) va infatti a colpire un settore, quello delle case da gioco terrestri, che non è affatto prospero, e dove in reatà esistono da tempo misure che precludono totalmente l'accesso ai minori e che preservano, pur non azzerandolo completamente, dal rischio di sviluppare comportamenti problematici o patologici.

Tuttavia, al momento di porre il divieto assoluto, il ministero non ha fatto alcuna distinzione: il gioco online non può essere pubblicizzato come la sala slot, il bookmaker non può apporre il suo striscione allo stadio come il casinò terrestre non può far conoscere i suoi tornei e resta il dubbio se possa farlo con eventi non di gioco, o se questi si configurano come “pubblicità indiretta” anch'essa vietata.

Ovviamente, ora la parola passa al Parlamento: innanzitutto i tecnici della Camera effettueranno un'analisi delle norme contenute nel testo e ne evidenzieranno, tecnicamente appunto, i possibili profili di criticità o illegittimità. Poi, saranno le commissioni a stabilire se il testo va bene così com'è, o se devono essere apportate delle modifiche. In generale, il proibizionismo non è mai stato utile al raggiungimento dell'obiettivo che si prefiggeva, come la storia, in tanti campi, ha dimostrato.

Inoltre, il divieto assoluto, senza eccezioni, senza ascoltare se la controparte (parte in causa) ha qualcosa di intelligente e di sensato da dire, è senza dubbio una scelta facile e di facile presa sulla massa, ma c'è da vedere quanto sensata e quanto rispettosa anche della libertà imprenditoriale di un'attività che è perfettamente legale.

Il periodo di conversione del decreto coinciderà con quello estivo, che sarà dunque di estrema apprensione per gli operatori di gioco e di casinò. Ma sicuramente ha ragione il ministro Di Maio, a voler innanzitutto mettere ulteriori regole alla pubblicità del gioco (ricordando che durante la precedente legislatura era già intervenuta la legge di Stabilità 2016, fissando i primi paletti), e a voler operare al fine di limitare, o meglio ancora azzerare, i possibili effetti negativi del gioco. Sacrosanti obiettivi, non fosse che sarebbe meglio realizzarli aprendo un tavolo di confronto con il settore, il primo a non avere interesse a essere additato come “il male” e ad averne, invece, a essere ritenuto industria dove il gioco riesce a mantenere la sua vera natura, quella appunto di gioco e non di dipendenza o di culla di criminalità e malaffare.
Al momento, il governo sembra aver scelto la strada del muro contro muro, sottraendosi a un confronto che potrebbe portare a migliorie e proposte, come ne sono arrivate per esempio da Sistema Gioco Italia e come potrebbero arrivarne da Federgioco o dai quattro casinò singolarmente presi, non certo nuovi nell'affrontare il problema della dipendenza da gioco, tant'è che al momento il fenomeno, peraltro sempre preoccupante, è fortemente limitato, grazie a misure messe in atto che sono più articolate del semplice divieto di pubblicità. Di cui, peraltro, l'illegalità ringrazia. Perché è vero che gli addetti ai lavori conoscono benissimo la differenza tra il gioco legale e quello illegale, tra il sito in possesso di regolare licenza e quello che invece fa il furbo sul web, ma siamo sicuri che l'italiano medio sia altrettanto ben informato?
 

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