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Casinò e pubblicità, tanti interrogativi dopo il 'no' di Di Maio

02 luglio 2018 - 08:09

Scenari preoccupanti sia per i casinò terrestri che per quelli online, con il possibile arrivo del divieto assoluto di pubblicità.

Scritto da Anna Maria Rengo
Casinò e pubblicità, tanti interrogativi dopo il 'no' di Di Maio

L'atteggiamento del ministro del Lavoro Luigi Di Maio nel confronti della pubblicità del gioco con vincita in denaro è caratterizzato da una radicale categoricità. Un "no" assoluto che pone sullo stesso piano il gioco legale (che ha investito milioni di euro per essere tale e che continua a pagare fior di tasse) e quello illegale; il messaggio pubblicitario che può arrivare al minore e quello che invece, per il canale scelto, è destinato soltanto agli addetti ai lavori. Anche i casinò terrestri hanno motivo di preoccuparsi, visto che, se la linea proibizionista di Di Maio non conoscerà deroghe, saranno soggetti agli stessi divieti, pur essendo per loro natura destinati a una clientela non di prossimità e dovendo fare i conti con una concorrenza, a poca distanza dai confini nazionali, che avrà ulteriori strumenti in più.

Questo ricordando che nel caso del Casinò italiani, non solo la proprietà è pubblica, ma per il momento anche la gestione, e le possibili difficoltà interpretative del divieto, visto che le Case da gioco tricolori sono anche luoghi di cultura e di intrattenimento.
E vogliamo parlare degli aspiranti concessionari di gioco online che hanno partecipato al bando indetto dallo Stato e che nei prossimi mesi dovrebbero sbarcare in Italia? Con quali strumenti dovrebbero e potrebbero far conoscere il loro brand e diritto acquisito? Se la risposta è "nessuno', siamo certi che siano ancora interessati a operare in Italia?

Non ci soffermiamo, in questa sede, su tanti altri aspetti (su tutti la supposta correlazione diretta tra meno pubblicità uguale meno gioco patologico), visto che sono stati già oggetto di agguerrito e non esaustivo dibattito. Sottolineiamo solo che parlare a suon di slogan è facile e mediaticamente efficace. Ma che al momento di passare alle redazione di un decreto la ponderazione, la conoscenza, la mediazione e il dialogo dovrebbero avere un ruolo. Per esempio: conosce il ministro Di Maio l'esatta regolamentazione della pubblicità del fumo? Sa che esistono delle deroghe al divieto assoluto? Oppure quella del gioco è ancor più mortifera, e quindi merita una severità ancora maggiore?

L'industria del gioco (legale, ricordiamo) è "il male" e come tale deve essere trattata, senza darle la possibilità di dire alcunché? I divieti assoluti si sono rivelati storicamente efficaci? Forse articolare di più il ragionamento lo renderebbe meno brillante su Facebook, e si attirerebbe qualche "like" in meno. Ma la Politica, quella con la "P" maiuscola, deve dare innanzitutto riisposte ai veri e più urgenti problemi, e in generale trattarli tutti con serietà e argomentazioni che spesso sono complesse e che non possono consistere in "piangete pure, tanto ve li togliamo", tanto per citare una frase del ministro a una questione che nulla a che fare con il gioco, ma che si sta rivelando più complessa del previsto.

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