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Limiti contante e casinò, tra norme e competitor

06 agosto 2020 - 08:31

I casinò italiani alle prese anche con i nuovi limiti all'uso del denaro contante, diversi rispetto a quelli previsti negli stati confinanti.

Scritto da Mauro Natta
Limiti contante e casinò, tra norme e competitor

Quale è il limite per l’uso di contante in Italia? E quanto se ne può portare all’estero?
Ora mi chiedo, entrando in tema di case da gioco, quanto contante posso cambiare alla cassa del casinò o direttamente al tavolo in Italia? Esiste un controllo su dette operazioni? Una risposta affermativa per quanto avviene in Italia è possibile con assoluta certezza.

Se mi reco in Slovenia o, in ogni caso, all’estero a giocare, se non supero diecimila euro non c’è l’obbligo di dichiarazione in dogana.
Praticamente per raggiungere un identico “potere di fuoco” sono necessari, in Italia cinque giocatori e all’estero uno solo.

C’è seriamente da pensare che il limite imposto dalla nostra legislazione per quanto riguarda l’esportazione di contante a confronto con la normativa domestica rischia di penalizzare la nostra economia.
E’ giusto preoccuparsi dei bilanci, è sacrosanto fare altrettanto se non di più per l’occupazione ma pare il caso, a mio parere personale, pensare alla disparità evidenziata precedentemente. Che, certamente, non mi permetto di contestare ma, e ritengo non essere il solo, può far sì che i ricavi delle case da gioco italiane registrino un calo. Un calo che la concorrenza in atto dal 2005 e le mutate condizioni economiche possono aver causato anche se parzialmente.

Non è la prima volta che ne scrivo e, qualche tempo or sono, lo stesso argomento è stato trattato in modo completo e tecnico meglio di quello che posso fare con tutta la buona volontà di chi non mastica di diritto: il debito di gioco.
Molto brevemente si può riassumere che il debito di gioco è compreso tra le obbligazioni naturali e, in quanto tale, non può usufruire di azione tendente al recupero. Non posso nascondere, anche per onestà intellettuale avendo lavorato nel settore delle case da gioco per moltissimi anni, che anche in mancanza di azione qualche giocatore dopo aver cambiato un assegno al casinò e non averlo onorato provvedeva al pagamento anche a rate pur di frequentare.

Ciò non mi esime dall’avanzare un'idea che, a ben cercare, troviamo in qualche progetto o disegno di legge depositati in Parlamento nel 1992: derogare dal disposto dell’art. 1933 del codice civile relativamente ai debiti di gioco conseguenti ad anticipazioni su assegni cambiati nelle case da gioco.
Questo comporterebbe una rilevante diminuzione del rischio di impresa nelle case da gioco e un miglioramento dei ricavi per l’incremento del volume di gioco. Non se ne può nutrire il minimo dubbio; il buon esito del titolo sarebbe pressoché garantito e il vantaggio del banco continua a correre su importi superiori. Senza nulla togliere a quanto viene osservato da altri.

Desidero chiudere con una logica considerazione, E’ innegabile che turismo e gioco possono, anzi se la collocazione geografica merita, devono convivere. Entrambi si sviluppano sulla scorta dei servizi e dell’offerta. Tutti hanno necessità di finanziamento e non possiamo in alcun modo credere che un tale modus operandi sia possibile senza un doveroso e completo esame del ritorno dell’investimento.
Parlare di rilancio si presenta, purtroppo, sempre più difficile e complicato!

 

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