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Una ‘Serenissima’ Casa da gioco, ecco la storia del Casinò di Venezia

11 aprile 2015 - 08:29

Casinò di Venezia: ‘dal 1638 vi conquistiamo per gioco’, ‘il gioco è di casa dal 1638’. Questi erano i ‘payoff’ della rinnovata campagna pubblicitaria e di immagine che intendeva rilanciare la casa da gioco veneziana nella seconda parte del primo decennio del 2000.

Scritto da Anna Maria Rengo

Uno slogan ‘giocato’ sul fatto che, effettivamente, il primo casinò a gestione pubblica veniva istituito dalla Serenissima Repubblica di Venezia appunto nel 1638.

 

Una visione allora d’avanguardia, da parte della Repubblica Veneziana, per legalizzare un fenomeno che proliferava in città, tanto più che la popolazione residente ha sempre avuto una grande inclinazione al commercio, uno spiccato senso degli affari e anche un’attitudine ad ‘azzardare’, non solo per lavoro ma anche per diletto.

La visione dello Stato Veneziano era però rivolta non solo alla legalizzazione del gioco, ma pure a gestirlo in modo da trarne profitto. Ovviamente, allora, non si giocava né alla roulette né al blackjack, né, tantomeno, alle slot machines. Ma nel casinò veneziano si respirava la stessa aria, si assaporavano le stesse emozioni e si accarezzavano le stesse illusioni che oggi sono proprie dei nostri casinò. La Repubblica Serenissima di Venezia è stata quindi la prima a mettere mano al gioco d’azzardo disciplinandolo e legalizzandolo. Finita questa fase, di casinò in laguna e lungo lo Stivale non si sentì più parlare per centinaia di anni.

E per quanto riguarda Venezia, bisogna aspettare il primo luglio del 1938 per l’inaugurazione, nell’isola del Lido, del rinnovato Casinò, la cui apertura è resa possibile grazie a un regio decreto del 1936 dello Stato Italiano. Esattamente trecento anni dopo ritorna dunque il gioco d’azzardo legalizzato a Venezia.

Ma dalla costituzione dello Stato Italiano (1861) Venezia non è la prima casa da gioco a godere di tale deroga per l’esercizio del gioco d’azzardo. È terza, dopo quella di Sanremo che risale al 1927 (anche se aveva aperto i battenti nel 1905) a quella di Campione d’Italia del 1933.

Nel 1946, otto anni dopo la sua inaugurazione nella prestigiosa sede del Lido, il Casinò di Venezia si trasferisce in Città per il periodo invernale e individua gli spazi nell’attuale palazzo Ca’ Vendramin Calergi già dimora di Richard Wagner che proprio qui finisce i suoi giorni.

Dalla nascita della prima casa da gioco pubblica a quella che siamo abituati a vedere oggi sulla riva del Canal Grande, sono passati poco meno di 400 anni. L’attuale casa da gioco si può definire un casinò ‘moderno’ che nulla ha a che fare con i giochi praticati con quello del 1638 ma il denominatore comune era e rimane l’azzardo.

Facciamo dunque un salto indietro nel tempo, assieme allo storico veneziano Alberto Fiorin che è l’autore del libro ‘Fanti e denari’, un saggio sul gioco negli anni del dominio della Serenissima Repubblica.

Oltre alle differenze illustrate, quali altre ce ne sono tra il casinò del 1638 e quello di oggi?

“Innanzitutto c’è da ribadire che a Venezia c’è sempre stato un clima favorevole all’azzardo, all’alea, evidentemente proprio per questa propensione ai traffici marittimi, che in quei secoli erano attività ad altissimo tasso di rischio, tra i pirati, le tempeste, gli scogli… E questo ben prima del 1638. Si pensi che la prima citazione del gioco d’azzardo, seppur priva di riferimenti storici e più legata ad aspetti leggendari, è legata alla concessione fatta dal Doge Sebastiano Ziani nel 1172 a Nicolò Barattieri, ingegnere, che era appena riuscito a erigere in piazza San Marco le due enorme colonne tuttora prospicienti al Bacino di San Marco. Ebbene il doge come ricompensa per l’opera effettuata, concesse al Barattieri un’autorizzazione speciale perché si potesse giocare d’azzardo senza incorrere in alcuna pena proprio nello spazio tra le due colonne, in piena Piazza San Marco, sotto il palazzo ducale, sede del governo. E poi nei secoli successivi, nonostante i divieti, in laguna si è sempre giocato moltissimo sia con i dadi che con le carte, arrivando perfino a scommettere sulle elezioni del Doge…

Solo nel 1638 venne inaugurato il Ridotto Pubblico, il casinò, che restò aperto ininterrottamente fino al 1774, ed era funzionante solo durante il periodo del carnevale, che però in quei secoli durava parecchi mesi e che attirava viaggiatori e curiosi da tutto il mondo”.

Quali giochi vi si praticavano?

“Essenzialmente giochi di carte molto rovinosi, perché immediati e semplici come la bassetta –soprattutto nel XVII secolo – e il faraone, che nel Settecento è stato il gioco più praticato nei ritrovi, siano stati essi case privato o, per l’appunto, il Ridotto pubblico. Ma vi sono anche tracce di giochi come il biribissi, antenato della roulette – gioco ad estrazione – e lo sbaraglino, il backgammon”.

Che cosa guadagnava la Repubblica Serenissima ad avere un casinò?

“Beh, la Repubblica di Venezia – una ristretta oligarchia – ha sempre avuto il bisogno per sopravvivere di esercitare un forte controllo sociale e quindi consentiva anche le trasgressioni ma sempre cercando di tenere le redini in mano, evitando ad esempio che si creassero contrapposizioni o antagonismi. Fu deciso quindi che nella casa da gioco pubblica solo i nobili, potessero fare i croupier: erano gli unici a poter gestire il banco e dovevano di conseguenza esibire la toga, il simbolo del loro potere, essendo questa la veste ufficiale dei patrizi”.

Dove era collocato fisicamente il casinò?

“Il Ridotto si trovava a San Moisè, a un centinaio di metri da piazza San Marco, il fulcro politico della città, un bellissimo palazzo che nei secoli successivi, dopo la chiusura del 1774, è stato trasformato in locale per faste da ballo, poi in cinematografo, quindi in teatro e ora è stato inglobato all’interno di un prestigioso Hotel”.

Oltre al gioco si svolgevano altre attività?

“Più che attività diverse, diciamo che il Ridotto era un luogo di ritrovo dove si chiacchierava, si facevano conoscenze, incontri, affari. Era tutt’altro che un luogo di silenzio e concentrazione e le immagini che ne abbiamo dei pittori settecenteschi, Guardi e Longhi in primis, ci mostrano un ambiente dove l’atmosfera era concitata, effervescente, con persone che consumavano bevande calde e fredde, talvolta anche il cibo. E tutti rigorosamente in maschera. Obbligatoria. Soli i croupier, patrizi, erano a volto scoperto”.

Il casinò ‘moderno’ di Venezia nasce nell’isola del Lido. Perché non si è pensato fin da subito a riportarlo in città?

“In effetti l’idea iniziale fu quella di riaprire i battenti del Ridotto di San Moisè e ospitare il nuovo casinò novecentesco nel locali del suo antenato, ma ci fu la fiera opposizione del patriarca di Venezia – la cui sede era (e si trova tuttora) a poche centinaia di metri di distanza – che per motivi di moralità mise i bastoni tra le ruote al progetto e quindi fu trovata la soluzione del Lido di Venezia, località che da qualche decennio era diventata un polo di attrazione del turismo d’élite”.

Ci vuole raccontare qualche curiosità, leggenda o aneddoto sui giochi a Venezia al tempo della Serenissima?

“Più che al Ridotto farei un ulteriore passo indietro e risalirei al tempo delle lotterie, anch’esse gestite dalla Serenissima. Agli inizi del XVI secolo – periodo drammatico in cui Venezia era in guerra contro mezza Europa e c’era quindi continuo bisogno di denaro fresco e in contanti per pagare l’esercito – si tennero numerosissime lotterie pubbliche molto partecipate; per attirare un numero maggiore di persone e quindi di somme, si decise di mettere in palio addirittura privilegi e offici della Repubblica – come le riscossione dei pedaggi in certi fiumi o canali – e perfino i negozi del nuovo ponte di Rialto, costruito in pietra e tuttora esistente”.

Quanto tempo rimase in funzione il casinò e per quale motivo chiuse infine i battenti?

“Il Ridotto di San Moisè venne aperto nel 1638 e fu definitivamente chiuso nel 1774 per ordine del Consiglio dei Dieci sotto istigazione della magistratura straordinaria dei Correttori alle leggi. Diciamo che fu fatto per un rigurgito di moralismo”.

Come vede la casa da gioco veneziana dei nostri giorni?

“Il casinò municipale sta vivendo un momento di grossa crisi, legata alla proliferazione di altre forme di gioco d’azzardo – prima tra tutte quello on-line – e deve certamente trovare una sua ricollocazione sul mercato. Si parla molto di privatizzazione, io personalmente non sono in grado di individuare soluzioni, certamente c’è la necessità di scrollarsi di dosso certe rigidità che stanno continuando a ingessarne la struttura”.

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