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Istituzione casinò, le sempreverdi finalità

10 agosto 2021 - 08:09

Da una relazione sui casinò risalente al 1994, emerge la perdurante attualità delle motivazioni che hanno portato il legislatore alla loro istituzione in Italia.

Scritto da Mauro Natta
Istituzione casinò, le sempreverdi finalità

Ho trovato una mia vecchia relazione del 1994, eccola, scrivevo di attività produttiva.

La casa da gioco, pur nella sua atipicità, è una azienda come tante altre che producono servizi; due si palesano i criteri direttivi:

1) adeguamento dell’offerta alla domanda;

2) ottimizzazione dei “servizi” offerti alla clientela.

Si evince, anche dai risultati delle altre case da gioco nazionali (la relazione era per una sola casa da gioco), che la clientela d’élite, pur sussistendo, è divenuta via via più esigente anche per la concorrenza estera. Ma, ancor più, per il fatto che all’estero non esistono certi controlli all’eventualità dei quali va incontro il giocatore. Esiste la probabilità, si diceva, che qualcosa cambi ma, nell’attesa si impone l’obbligo di ricercare correttivi e rimedi.

Per quanto al punto 1), visitando la concorrenza nazionale, si osserva la presenza di altri giochi in aggiunta a quelli praticati in loco: roulette americana (doppio zero), punto banco, fair roulette, craps e poker.

In ordine alla concorrenza estera, in specie quella più vicina, troviamo soprattutto fair roulette e poker. Sempre rimanendo in argomento diviene conseguente riflettere sul “bacino di utenza” che, relativamente alla concorrenza estera non può che essere, almeno all’80 percento, se non il medesimo.

Passando poi ai “servizi” offerti alla clientela la priorità assoluta è data dalla non comodità di accesso che dovrebbe essere rimossa costituendo il più rilevante deterrente. Detta “scomodità” si aggrava allorché lo spazio destinato e/o destinabile ai giochi diviene maggiore (omissis).

Tra i “servizi” non va trascurata l’ospitalità che, unitamente alle promozioni generiche e mirate (galas), rappresentano un esborso di notevole entità ma anche, e questa è la corretta individuazione aziendale, un investimento. Non può nutrirsi dubbio alcuno al proposito e come ogni altro impegno economico deve essere valutato attentamente. Infatti, per calcolare la convenienza può essere sufficiente considerare la percentuale delle “mance” di competenza della gestione.

Detti “proventi aleatori” possono tranquillamente superare l’investimento mirato. E’ pur vero che i giochi come il trente et quarante e la roulette possono chiudere in perdita è altrettanto vero che lo chemin de fer è una fonte sicura di entrate rimanendo il rischio del cambio assegni più rilevante nell’ultimo dei giochi richiamati.

Non può, d’altra parte, sottacersi che le “mance” rivestono il ruolo, per l’azienda, di “ristoro” del passivo. L’importo delle mance e dei giochi che maggiormente ne producono costituisce un obiettivo che non deve essere perso di vista specialmente in prospettiva sia a breve che a medio termine.

La situazione legislativa nel 1994. Occorre premettere che la casa da gioco è stata creata, ed altre se ne intendono creare (in quel tempo si discuteva il Parlamento per una legge sul gioco d’azzardo e nuove eventuali aperture Ndr), per uno scopo fiscale complessivo: entrate tributarie e/o pubblicistiche (L.488/86), sviluppo turistico ed occupazione.

La citata legge (sul gioco d’azzardo) è all’esame del Parlamento da due legislature:, la Direttiva Cee 368/75 recepita dall’ordinamento dello Stato con l’art.16, L.428/90 e la sentenza della Corte Costituzionale n.152/85 hanno determinato questa convinzione. La possibilità di dare occupazione per il tramite delle case da gioco rafforza il convincimento di cui sopra.

Si tenga conto che la relazione risale al 1994.

Aggiungo una considerazione sulle mance. Queste, alla pari con i proventi dei tavoli, hanno identica natura giuridica. Non credo si possa negare che la parte di mance di competenza della gestione rappresenta un anticipo di quanto il gestore si trattiene, contrattualmente, sui restanti proventi. In buona sostanza il concedente garantisce l’equilibrio di gestione fissando una percentuale a suo favore sui proventi; una percentuale che sarebbe senza dubbio inferiore senza permettere al gestore di trattenere quanto di sua competenza sui cosiddetti “proventi aleatori”.

 

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