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Casinò Campione, i croupier full time vincono la guerra delle mance

21 luglio 2022 - 07:25

La Corte d'appello di Milano dà ragione ai croupier full time del Casinò Campione: nella ripartizione mance nessuna discriminazione dei part time.

I dipendenti part time del Casinò di Campione Spa con qualifica Impiegati Tecnici del ramo gioco inquadrati nella III Categoria A (c.d. croupier) non hanno diritto alla ripartizione delle mance secondo il medesimo criterio utilizzato per i lavoratori full time, e quindi, in base ai giorni retribuiti, anziché in base ai soli giorni di effettiva presenza in servizio.

Questo il principio sancito dalla Corte d'appello di Milano, che ha ribaltato la sentenza del tribunale di Como che invece aveva dato ragione ai 25 croupier part time che avevano presso di esso presentato ricorso.

Nel ritenere "fondato e meritevole di accoglimento" l'appello presentato da 86 croupier full time, i giudici d'appello sottolineano che "il divieto di discriminazione dei lavoratori a tempo parziale – per quanto indubbiamente dotato di rilevanza sovranazionale e costituzionale (così, ad es., Cass. 2.7.2021, n. 18826) – attiene, tuttavia, alla retribuzione e, più in generale, al trattamento del dipendente da parte del datore di lavoro, non potendosi estendere all’ambito privatistico dei negozi stipulati, come nel caso di specie, fra soggetti diversi dalle parti del rapporto".

Secondo i giudici, "il già richiamato collegamento fra quest’ultimo e le erogazioni oggetto di causa, se vale a radicare la relativa cognizione in capo al Giudice del Lavoro, non ne altera, tuttavia, la natura e l’origine, da ricercarsi nel versamento liberale ad opera di terzi e non già nell’ambito delle obbligazioni nascenti dall’assunzione alle dipendente dell’Ente".

Inoltre, "come più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, l’inclusione delle mance nell’imponibile fiscale e contributivo ai sensi degli artt. 46 e 48 (ora 49 e 51) Tuir, richiamati dall’art. 12 l. n. 153/1969, come modificato dal d. lgs. 314/97, è basata sul 'nesso di derivazione' dal rapporto di lavoro, concetto 'certamente più ampio di quello di retribuzione' (Cass. 21.3.2006, n. 6238; conf. Cass. 30.9.2021, n. 26510)".

Come precisato dal Supremo Collegio, ricordano i giudici milanesi, infatti, “mentre la retribuzione è strettamente connessa, in virtù del vincolo sinallagmatico che qualifica il rapporto di lavoro subordinato, con la prestazione lavorativa, il concetto di derivazione dal rapporto di lavoro, contenuto nella norma in esame, prescinde dal suddetto sinallagma ed individua pertanto non solo tutto quanto può essere concettualmente inquadrato nella nozione di retribuzione ma anche tutti quegli altri introiti del lavoratore subordinato, in denaro o natura, che si legano causalmente con il rapporto di lavoro (e cioè derivano da esso), nel senso che l'esistenza del rapporto di lavoro costituisce il necessario presupposto per la loro percezione da parte del lavoratore subordinato” (Cass. 6238/06, cit.)".

Sulla base di tali principi, la Corte di Cassazione "ha, ad esempio, escluso la computabilità delle mance dei croupier delle case da gioco nella base di calcolo del Tfr, affermando che 'nella nozione di retribuzione non rientrano, salva diversa previsione della contrattazione collettiva nazionale di settore, le mance dei cosiddetti croupiers delle case da giuoco, trattandosi di somme che provengono da terzi estranei al rapporto di lavoro, sono d'uso nei soli casi di vincita (restando collegate al gradimento che i clienti hanno tratto dalla fruizione dei servizi offerti dalla casa da gioco), e non sono garantite dal datore di lavoro, sicché non sono computabili ai fini del calcolo del Tfr' (Cass. 16.10.2014, n. 21928)".

La Corte d'appello ricorda inoltre che il Supremo Collegio ha evidenziato "vari aspetti distintivi fra mance e retribuzione, atteso che le prime 'provengono da terzi estranei al rapporto' e sono 'd'uso nei casi di vincita': la loro corresponsione 'non deriva quindi (solo) dalla prestazione, resa, ma dal gradimento che i clienti hanno tratto dalla fruizione complessiva dei servizi offerti dal Casinò (…)".

Inoltre, secondo la S.C., “difettano i requisiti dell'obbligatorietà e della determinatezza o determinabilità (valorizzati da Cass. Sez. L, n. 6963 del 23/03/2009, Sez. L, n. 568 del 30/01/1989 e Sez. L, n. 3288 del 19/05/1986) considerato che il datore di lavoro non è tenuto in alcun modo a garantire che le mance sussistano o raggiungano determinati minimi e che non risultano parametri di alcun tipo che consentano la prevedibilità ex ante della somma che sarà a tale titolo percepita o che la parametrino a elementi determinato”.

Ulteriore supporto alla distinzione così operata è ricavabile, ad avviso della Cassazione, dalla “circostanza che le mance siano divise a metà tra croupiers e Casinò”, la quale “ne smentisce la natura retributiva, manifestando come esse siano rimesse alla libera determinazione del terzo del quale anche il datore di lavoro si avvantaggia”, restando estraneo alla relativa ripartizione, affidata ad “una commissione costituita dai rappresentanti degli impiegati tecnici”.
A tali "condivisibili principi", la Corte "si è già uniformata, negando la natura retributiva delle mance e disattendendo – su tale presupposto – le doglianze avanzate dai dipendenti amministrativi e tecnici del Casinò in ordine alla quantificazione del premio consolidato, da costoro ritenuta svantaggiosa rispetto a quella degli addetti al ramo giochi per il mancato computo delle mance nella determinazione del calcolo della fascia reddituale a tal fine rilevante".

I giudici ricordano dunque la sentenza n. 1033/2021, nella quale "è stato, in particolare, escluso il carattere discriminatorio del mancato computo delle mance – ad opera dell’Ente gestore di altro Casinò – nella base di calcolo dell'indennità di maternità.
A tale proposito, la Corte d’Appello di Venezia, con sentenza n. 679/2018, ha osservato, in modo pienamente condivisibile, che 'una volta stabilito in termini monetari l'importo delle mance spettanti al personale, la sua distribuzione all'interno della platea dei croupiers è aspetto che sfugge del tutto al controllo del datore di lavoro. Manca, quindi, sotto un profilo meramente causale una relazione tra gli obblighi del datore di lavoro e l'assegnazione della quota delle mance al personale in astensione per maternità o in permesso per allattamento'".

Inoltre, "'essa è d'uso nei casi di vincita e non deriva quindi (solo) dalla prestazione, resa, ma dal gradimento che i clienti hanno tratto dalla fruizione complessiva dei servizi offerti dal Casinò, al che consegue la ripartizione in parti uguali con il datore di lavoro'".
Secondo la Corte d'appello di Milano "analoghe valutazioni possono compiersi con riferimento allo specifico profilo discriminatorio lamentato dai ricorrenti in primo grado nella ripartizione delle mance fra dipendenti full time e part time.

L’estraneità di tali proventi al sinallagma del rapporto di lavoro, la fonte pattizia dei relativi criteri di suddivisione e l’affidamento della ripartizione all’apposito Comitato istituito fra i dipendenti, impediscono l’invocata applicazione al caso di specie del principio – tipicamente lavoristico – del divieto di discriminazione fra lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale.

In virtù delle considerazioni tutte che precedono, in riforma della gravata sentenza, il ricorso di primo grado deve essere respinto, restando assorbito ogni ulteriore profilo, in lite dedotto.
La particolarità e la novità delle questioni trattate integrano ad avviso del Collegio i presupposti per l’integrale compensazione delle spese del grado fra le parti".

 

 

 

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