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Giochi nuovi nei casinò, a ciascuno il suo!

17 settembre 2021 - 09:24

L'importanza di introdurre nuovi giochi dei casinò italiani, rispettando la diversità di compiti tra proprietà e gestione.

Scritto da Mauro Natta
Giochi nuovi nei casinò, a ciascuno il suo!

Il 4 aprile del 1946 con proprio decreto il presidente del Consiglio della Valle d’Aosta autorizzava l’apertura di una casa da gioco a Saint Vincent. In buona sostanza, così come lo erano i decreti del 1927 e 1933, si trattava di una dar vita ad una forma di autofinanziamento fondato, più che altro, sullo sviluppo turistico.


Sicuramente non può dirsi che lo scopo non sia stato ampiamente raggiunto, forse, ultimamente, a datare dal 2011, riesce difficile sostenere che la misura sia la medesima. Probabilmente la crisi iniziata nel 2008 ha colpito anche il settore produttivo in discorso e, purtroppo, continua anche se per altre motivazioni. È auspicabile che la musica cambi e lo sperano tutti!

Molti operatori del settore sono stati, negli ultimi tempi, sostenitori del fatto che un rilancio e una ripresa possono accadere con un incremento mirato dell’offerta a causa anche di una domanda che non è, in parte considerevole, quella di un tempo.

I cosiddetti giochi tradizionali, francesi per intenderci, non riscuotono più lo stesso interesse; i giochi americani o nuovi hanno una attrattiva discreta e con poche intelligenti varianti potrebbero suscitare un maggiore interesse, le slot machine godono di una rilevanza sempre percentualmente alta nella composizione dei ricavi e le gestioni si trovano spesso e volentieri a combattere con costi eccessivi in raffronto con le entrate.

A Saint Vincent, nel momento della nomina del nuovo amministratore unico Rodolfo Buat, ho apprezzato la dichiarazione dell'assessore alle Partecipate Luciano Caveri che riporto a memoria per averla letta più volte: “... dovrà assicurare grande attenzione ai costi, al personale, alla evoluzione tecnologica, all’offerta di giochi nuovi” indicandone i compiti.

Logicamente, per quanto ai giochi nuovi, l’assessore avrà demandato l’incarico di esaminare le offerte ai tecnici che compongono il management. Il restante sono raccomandazioni di carattere gestionale stante la missione che alla Regione discende direttamente.

Ora nel parlare di giochi nuovi si può intendere un gioco che non è mai stato esercitato nel singolo casinò o di uno che nessuno conosce in Italia.
Un esempio di introduzione di un vecchio gioco cinese che si svolge con tre dadi e dovrebbe trovarsi a Mendrisio (già sperimentato, mi pare, a Sanremo parecchio tempo fa); questa può essere una soluzione. Chiaramente diversa l’altra; mai mi permetterei di esprimere un giudizio in merito alla scelta.

Esisteva e dovrebbe sussistere un modus operandi che a fronte di una offerta del secondo tipo si risponde rifiutandola o mostrando interesse a fare una prova, sempre che si tratti di qualcosa di serio, brevettato e corredato da tutto l’occorrente onde poter giudicarne l’eventuale utilità.

Eppure l’offerta c’è stata a quanto mi risulta ed è trascorso del tempo, una risposta, non importa di quale tenore, invece no! Forse per ora?
Mi domando quali possono essere le motivazioni a monte di un tale agire e, forse, non esagero a definirlo curioso.
Mi ritorna alla mente una storiella vera di casa mia. Mio figlio non ne voleva sapere di mangiare verdura, mia moglie gli preparò una specie di purè misto italiano (zucchine, carote e patate); dopo averlo provato a seguito di insistenze poiché non si poteva accettare che non gli piacesse senza averlo assaggiato, voleva sempre e solo quello. Avrebbe potuto rifiutarlo ancora ma, nel caso, lo aveva provato.

Molti potrebbero chiedersi per quale motivo scrivo del casinò di Saint Vincent. Per due motivi principali, il primo perché mio padre l’ha aperto nel lontano 1947 e il secondo in quanto vi ho lavorato dal 1959 al 2000. Mi pare possa essere sufficiente ma, devo aggiungere, da molto tempo mi occupo di case da gioco in generale. Ecco le ragioni, in specie le prime due, che mi spingono a seguire particolarmente certe vicende. Nulla di più se non una questione, mi si passi il temine, affettiva. A 80 anni non ho altre mire.

Sicuramente altre volte ho scritto di case da gioco, di risultati e della crescente incidenza del i ricavi slot sul totale di questi. Frequentemente mi sono permesso di illustrare le convinzioni maturate a seguito della mia personale esperienza, sia da dipendente amministrativo che tecnico al servizio di gestori privati e pubblici.

Forse c’è chi ha letto dei miei interventi in materia di controllo dei ricavi, dell’organizzazione del lavoro e della produzione; posso garantire che ciò che mi sollecita ad intervenire in questo scritto è solo ed esclusivamente quanto ho già dichiarato.
Ho seguito con molto interesse e partecipazione le vicende relative alla casa da gioco di Campione d’Italia, sono in contatto con miei ex colleghi con i quali mi sento o ci scriviamo.

Probabilmente continuerò a scrivere di casinò per quanto mi è dato conoscere, in modo particolare, leggendo “gioconews casinò” che ringrazio per l’ospitalità concessami sempre. Credo di poterne dedurre che gli argomenti trattati siano stati di interesse generale; nell’occasione odierna, invece, sono sceso nel particolare ma sono convinto che troverò la giusta comprensione per chi per quaranta anni ha doverosamente e con coscienza prestato la propria opera al casinò di Saint Vincent.

 

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