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Casinò, l'eterno dilemma tra pubblico, privato e misto

15 giugno 2021 - 07:43

Meglio una gestione pubblica o privata dei casinò, oppure è ipotizzabile una gestione mista a maggioranza privata?

Scritto da Mauro Natta
Casinò, l'eterno dilemma tra pubblico, privato e misto

Parto dallo scopo per cui le case da gioco esistono e altre, nel 1992, se ne intendevano autorizzare e regolamentare. Con l’occasione rammento che una regolamentazione, così come era stata auspicata, se non erro dalla Corte Costituzionale, ancora manca.
In poche parole lo scopo si può riassumere in mezzo per autofinanziare l’ente pubblico periferico titolare della autorizzazione e incrementare il turismo e l’occupazione.

Si tratta, ora, di analizzare in quale modo sia meglio raggiungere i risultati che l’ente pubblico dovrebbe raggiungere; aggiungo che la natura tributaria derivante all’ente pubblico dalla casa da gioco ha da tenersi in evidente considerazione nel discorso che ci occupa. La prima ed inderogabile necessità è data dal controllo effettivo sulla regolarità del gioco e, contemporaneamente, degli introiti. Orbene, in tutti i casi, l’ente pubblico deve attrezzarsi con personale proprio per svolgere accuratamente il compito in discorso. Che si dovrebbe svolgere - e qui indico una mia personale convinzione – in due modalità: una concomitante ed una conseguente. Non mi soffermo in quanto credo di averne già scritto sino ad annoiare.

A questo punto mi pongo un quesito: è più probabile l’utilizzo di un management adeguato da parte di chi rischia il capitale, in toto o in quota maggioritaria, o, invece, da chi potrebbe essere interessato ad altre problematiche o alla eventualità di raggiungere risultati collaterali. In altri termini come si può raggiungere l’indispensabile e doverosa qualità del decisionismo aziendale?

Lascio al lettore la risposta che mi sono già dato risultato di una lunga permanenza nello specifico settore di attività attraversando le due tipologie gestionali pubblico e privato relativamente al capitale impiegato nella società.

Sicuramente il controllo cui si è fatto precedentemente cenno non può mancare da parte del gestore che, e non va sottaciuto, mette la prima pietra atta a soddisfare gli impegni economici e non del contratto di concessione.

Ma il gestore dovrebbe ricorrere alla realizzazione di un archivio dati utili all’esame del trend del mercato domestico e nazionale. Ciò, ad esempio, è possibile tramite una modulistica creata appositamente e che possa in un quadro di risultanze, dalle ore di effettivo lavoro alle mance conteggiate tavolo per tavolo.

Tutti i dati raccolti giornalmente confluiscono giornalmente in un archivio completo indispensabile da un lato eseguire un accurato controllo a posteriori e dall’altro ad essere un validissimo supporto per il marketing nonché un approfondito riscontro della politica produttiva. Una politica questa che non può coniugarsi se non unitamente alla verifica del ritorno degli investimenti e dell’effettivo, anche dal punto di vista reddituale, dell’adeguamento dell’offerta alla domanda.

L’aver descritto la particolarità delle case italiane, attualmente tre in attesa che riapra quella di Campione d’Italia, letto su casino.gioconews.it del 14 giugno “proprietario pubblico con guida politica” permette di comprendere meglio, ove ve ne fosse necessità, quanto ho precedentemente affermato.
Non credo si possa negare che una situazione come quella riportata non concorre nel modo più assoluto ad agevolare un modus operandi improntato alla snellezza funzionale. La evidente difficoltà di “accontentare” più desiderata provenienti da diversi componenti di uno stesso insieme spesso caratterizzato da differenti esigenze non può imprimere le scelte che un incisivo decisionismo richiede.

La concreta eventualità che la situazione appena descritta può incidere, a volte con effetti altamente negativi, sul comportamento che un management “privato” privo o quasi di dipendenze non avrebbe permesso intervenendo tempestivamente.

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