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Mance nei casinò, l'eterno dibattito sul trattamento fiscale

17 febbraio 2020 - 10:10

L'analisi del trattamento fiscale delle mance nei casinò e se esse debbano essere assoggettate al pagamento dell'imposta sul reddito.

Scritto da Mauro Natta
Mance nei casinò, l'eterno dibattito sul trattamento fiscale

Desiderando ampliare quanto precedentemente prodotto in merito alla considerazione delle mance nei casinò da parte del fisco canadese, ho fatto alcune ricerche sul tema.
Mi pare di poter affermare, da quanto ho potuto reperire su internet e al tempo stesso confesso di non essere esperto in materia, che il datore di lavoro paga i contributi pensionistici sulla retribuzione del dipendente e quest'ultimo paga la sua parte.

Ora è necessario capire se il datore di lavoro paga i contributi sulle mance o se queste, una volta assoggettate al pagamento dell'imposta sul reddito, concorrono a formare l'imponibile pensionistico.

La questione mi pare la seguente: o le mance in quanto assolvono l'imposta sul reddito e, conseguentemente, fanno parte integrante dell'imponibile pensionistico o non ne fanno parte e perciò non dovrebbero essere tassate quale reddito di lavoro dipendente.

Ecco la situazione nazionale sul tema in discorso. Un tema che in definitiva si può riassumere nella esternazione di una realtà che alcuni si affannano ad affermare da tempo e che, purtroppo, si è venuta concretizzando a datare dal 2007 con rinnovato vigore.
Gli interventi sulla necessità di abbassare il costo del lavoro e/o che detto costo penalizza il fattore occupazionale sono all'ordine del giorno; allorché si propone la diminuzione dei costi intervenendo nel campo delle case da gioco si trovano ostacoli o incomprensioni. Dovrebbe essere ragionevole condividere l'idea che abbassando il costo del lavoro e, allo stesso tempo, incrementare il netto a disposizione del dipendente, è una operazione ammissibile e possibile.
E' ormai di pubblico dominio che le case da gioco (purtroppo ne sono rimaste per ora, dal luglio 2018, solo tre) si sono "salvate" da destini non edificanti tagliando drasticamente occupazione e costo del lavoro. Ed allora mi pare legittimo chiedersi per quale motivo non si cerca di operare a sostegno di un settore che, come tutti hanno potuto verificare, risulta senza alcun dubbio il più controllato e controllabile.

COSI' IN ITALIA - La mancia è una parte della vincita. La sentenza n. 1776 del 18 maggio 1976 della Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione, a proposito della mancia al croupier, recita: “ Il sistema mancia è retto da un uso normativo - si ricava dall’indirizzo consolidato della giurisprudenza dal 1954 – tanto consolidato quanto idoneo ad assumere un ruolo di fonte secondaria del regime giuridico proprio del particolare rapporto che obbliga il giocatore vincente ad elargire una parte della vincita al croupier e questi a ripartirla con gli altri addetti ed il gestore …”
Il primo beneficiario della mancia è, indiscutibilmente, il croupier. Il gestore non ha titolo originario a parte della vincita (cioè la mancia); d’altro canto sarebbe paradossale che partecipi alla vincita chi, perdendo, la deve finanziare: il gestore. Il fatto che quest’ultimo soggetto partecipi ad una parte delle mance, fondato su un patto o un accordo di devoluzione con il quale i lavoratori consentono al datore di lavoro di sottrarre parte di quanto elargito da terzi (Cassazione, 9 marzo 1954, n. 672). La vincita al gioco (realizzata nei casinò autorizzati) era esente da imposizione in capo al giocatore vincente. Infatti l’art.10 ter della Legge n. 30 del 28 febbraio 1997 che provvedeva alla conversione in legge della Finanziaria per il 1997, L. 31 dicembre 1996, n. 669, recita: All’art.30 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dopo il sesto comma è aggiunto il seguente comma 1:
“La ritenuta sulle vincite corrisposte dalle case da gioco autorizzate è compresa nell’imposta sugli spettacoli di cui all’art.3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640”. Tra l’altro appare logico ritenere che sarebbe assurdo che una voce di entrata fosse fiscale per la parte minore in fase di ingresso nel patrimonio del croupier e non lo fosse, invece, per la parte maggiore, la vincita a favore del giocatore. Il gestore si impegna a versare una percentuale dei cosiddetti proventi lordi (mance escluse) all’ente pubblico titolare della autorizzazione. Detta percentuale è individuata dalla considerazione che una parte delle mance è incassata dalla gestione. Ne consegue, v’è da credere, che le mance siano a beneficio, come già specificato indiretto, dell’ente pubblico.
La natura giuridica delle entrate derivanti all’ente pubblico dalla casa da gioco è pubblicistica e/o tributaria; si ricava pacificamente sia dal dettato della L. n. 488/86, ex D.L. n.318/86, sia dalla collocazione nel bilancio degli enti pubblici sul territorio dei quali insiste una casa da gioco.
La Legge Europea 2015, Art.7 (Disposizioni in materia di tassazione delle vincite da gioco. Esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell’unione europea 22 ottobre 2014 …). L’articolo citato prevedeva e stabilisce che le vincite al gioco corrisposte da case da gioco autorizzate in Italia o negli Stati membri dell’Unione europea o nello Spazio economico europeo non concorrono a formare il reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta.

LA "LOGICITA'" DEL DIVERSO TRATTEMENTO - Non pare logico trattare in modo differente la parte principale della vincita ottenuta dal giocatore e quella minore della quale beneficia il croupier. In buona sostanza c’è da ritenere e si può affermare che si avvia un percorso virtuoso atto a consentire il raggiungimento dell’obiettivo dell’ente pubblico titolare di una casa da gioco di cui ai decreti istitutivi delle stesse. E’ sotto gli occhi di tutti il continuo calo delle entrate dei casino autorizzati, un calo quantitativo e qualitativo.

Un insieme di concause ha contributo a creare la situazione attuale che vede sempre più diminuire le “entrate tributarie” a favore dell’ente pubblico titolare dell’autorizzazione alla casa da gioco, le percentuali sui proventi lordi da attribuire alla gestione sono sempre più elevate, il 50% delle mance – che in precedenza era utile a confortare il costo del personale – non assolve più nello stesso modo alla sua funzione. Il costo del lavoro, anche a causa della diminuzione dei ricavi, ha raggiunto una componente eccessiva sul totale di questi, che alcuni anni fa’, era inimmaginabile. L’occupazione diretta e dell’indotto ne soffre e continuerà a soffrirne se non si pone rimedio ad una brutta situazione. La riduzione del costo del lavoro in discorso permetterebbe un certo riequilibrio nella gestione che dal punto di vista finanziario peserebbe meno sul bilancio pubblico.

 

 

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