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Ferrari: 'Campione, abbandonati da madre patria, grati a Ticino'

09 luglio 2019 - 08:46

Caterina Ferrari, portavoce del Gruppo residenti Campione, illustra a Gioconews.it il suo personale punto di vista sulla difficile situazione che vive l'intera comunità.

Scritto da Anna Maria Rengo
Ferrari: 'Campione, abbandonati da madre patria, grati a Ticino'

Dopo l'intervista all'ex sindaco Roberto Salmoiraghi, prosegue il viaggio di Gioconews.it a Campione d'Italia, per cercare di capire come la comunità sta vivendo questi mesi difficilissimi di chiusura della Casa da gioco.

“Se si vuole un reale termine di paragone per capire la differenza tra quanto stiamo subendo oggi e una vita normale non possiamo far riferimento all’anno scorso ma dobbiamo andare ben più in là nel tempo di almeno sette anni, fino al 2012 anno in cui dopo una campagna elettorale ricca di promesse il posto di lavoro di quasi la metà dei dipendenti veniva messa in discussione con l'apertura della procedura 223.
Da lì è stato tutto un altalenarsi di incertezze e dove ad esser messa sempre piatto è stata la testa dei lavoratori che con il proprio sacrificio in termini di livelli retributivi ha di fatto permesso la continuità aziendale”.

Caterina Ferrari, rappresentante del Gruppo residenti (“anche se stavolta parlo a titolo personale”, precisa), evidenzia come “purtroppo nell’immaginario collettivo c'è una Campione con dei numeri che non esistono più da quarant’anni se non oltre. Le cifre riportate aspetto da alcune testate giornalistiche sono pura fantascienza o fanno riferimento a un periodo in cui il gioco tradizionale andava per la maggiore e le mance dei clienti costituivano un grande apporto allo stipendio. Ma questo succedeva in tutti i casinò d'Italia. La vita a Campione è cambiata già da diversi anni e per certi aspetti negli ultimi anni alcuni nostri stipendi in Svizzera sarebbero stati considerati sotto la soglia di povertà. Ti faccio un esempio... Il numero di abitanti nel nostro paese da oltre un decennio e più è in costante diminuzione. Ci sarà forse un perché? Forse vivere a campione non è così conveniente come tutti credono?

Ferrari aggiunge: “I campionesi sono di fatto e nel cuore italiani. Io personalmente sono sempre stata molto legata alla bandiera italiana ma in questo momento nutro grande delusione e rabbia verso il governo italiano.
Capisco che esistono un numero enorme di problematiche nel Bel Paese, il fallimento di un'azienda penso sia sul tavolo dei ministeri ogni giorno... ma il default di un intero paese italiano all'estero è una condizione unica in Italia e la mia comunità con i suoi lavoratori meritano rispetto come qualsiasi altro lavoratore. L’atteggiamento interessato della Svizzera ha sollevato il problema di una terra che a tutti gli effetti ha una peculiarità da gestire in modo eccezionale e mirato. In effetti la Svizzera non solo si è occupata di noi, ha dovuto farlo suo malgrado anche come autotutela in quanto un qualsiasi problema l'avrebbe interessata direttamente: Campione è in territorio svizzero.
Problemi di ordine pubblico come una rivolta cittadina o sanitari come la mancata raccolta dei rifiuti riverserebbero conseguenze più immediate sul vicino Canton Ticino piuttosto che con la madre patria staccata territorialmente di fatto da noi. La Svizzera ha comunque dimostrato verso Campione un senso umano ineccepibile. Una la storia che si ripete come durante l'ultimo conflitto mondiale quando l'Italia chiuse le dogane e la Svizzera si occupò di dare sostentamento ai Campionesi quando nemmeno i soldati congedati potevano ritornare nelle loro case. Oggi la popolazione campionese vede l’apertura immediata di tavoli ministeriali di crisi con politici in prima fila tra i lavoratori per le varie situazioni di fallimenti mentre il problema della chiusura del Casinò costantemente viene derubricato in una sorta di scaricabarile tra ministeri, procure, tribunali e via dicendo".

Come si sentono oggi i campionesi?
 
“Noi ci sentiamo vittime della politica ingorda degli anni passati e non meritiamo un castigo simile. Quindi il sentimento di abbandono e di essere figliastri della madre patria non deve meravigliare. Ogni tipo di solidarietà verso la nostra comunità è arrivato direttamente dai comuni limitrofi e da enti o aziende del Canton Ticino. A loro va tutta la nostra gratitudine. La mia vita e quella della mia famiglia la vedo nel mio paese... come è sempre stato”.
 

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