skin

Casinò, tra concorrenza estera e interna

22 giugno 2019 - 08:34

La concorrenza esercitata sui casinò italiani si combatte con misure sia normative che relative alla qualità dei servizi offerti.

Scritto da Mauro Natta
Casinò, tra concorrenza estera e interna

La concorrenza dei casinò all’estero si combatte con diverse soluzioni da adottare rapidamente; mirare ad un risultato utile è possibile solo con un intervento legislativo che preveda alcuni rimedi atti a parificare, più o meno, le condizioni di operatività.
Non credo che il divieto di pubblicità sia uno dei maggiori ostacoli, qualche danno potrebbe anche procurarlo. La qualità del servizio reso è il miglior veicolo pubblicitario in quanto si attua nel classico porta a porta, in particolare tra giocatori.
A pensarci bene mi viene alla mente l’aria che si respirava all’epoca nella quale si parlava di incrementare il numero delle case da gioco in Italia, anche stagionali e regolamentare i casinò sulle navi da crociera battenti bandiera italiana.
Non ho più, purtroppo, un buon numero di progetti e disegni di legge e probabilmente sarebbe interessante andarne alla ricerca.

Sicuramente all’epoca richiamata non esisteva una concorrenza tanto agguerrita come oggi quando il gioco online raggiunge – così ho potuto leggere – il miliardo di euro in un anno, mi pare il 2017. Certamente allora non si trovavano le slot nel bar sotto casa o poco distante ma la notizia dell’online conferma l’esistenza di una certa domanda.
Vorrei porre l’attenzione sull’importanza del bacino di utenza che, un po’ per la concorrenza interna (poker e giochi vari dal vivo, online ecc.), un po’ per la dislocazione geografica delle attuali case da gioco italiane, un po’ per il posizionamento vicino o abbastanza vicino al confine e un po’ per il minore servizio offerto anche a causa dei costi di gestione divenuti troppo gravosi, non è più in grado di sostenere ciò che sarebbe necessario.

La concorrenza della Francia, della Svizzera, della Slovenia e di Malta in particolare, non permettono più le frequentazioni di un tempo, quando il cliente lo si andava a ricevere ed era oggetto di molte attenzioni.
Sicuramente – personalmente ne sono convinto – la maggioranza dei lettori potrà convenire che la qualità del mondo dell’azzardo autorizzato è andata in calando a datare dal 2008, che i proventi maggiori si registrano dalle slot, che l’ospitalità e gli altri servizi correlati sono in calo e che i richiamati costi hanno obbligato a una riduzione abbastanza severa dell’occupazione.

Ho letto con attenzione le dichiarazioni dei rappresentanti sindacali al Casinò di Sanremo e mi trovano d’accordo – e non è la prima volta che lo scrivo – sulla necessità di gestioni che acquisiscano, tramite la professionalità dei manager, la indispensabile snellezza funzionale.
Mi trova d’accordo l’impegno al rilancio, al riacquisto della qualità e al ricorso a un marketing mirato, in definitiva a una organizzazione del lavoro e della produzione che trovi nel miglioramento dei servizi e nella diversificazione i mezzi congrui per ottenere un risultato. Che non sia solo ed esclusivamente il pareggio o un modesto utile di bilancio dovuto, principalmente, dalla riduzione del costo del personale dipendente.
Nel modo più assoluto non è mia intenzione intromettermi in qualcosa che non mi compete. Ma, conoscendo le professionalità che compongono Federgioco e in particolare il segretario, vorrei porre in evidenza gli argomenti dei quali ho scritto ultimamente e che indubbiamente l’onorevole Ivo Collè conosce anche quale cofirmatario di un progetto di legge sulle case da gioco quando era alla Camera dei Deputati.
 
Nella più sincera speranza che, nelle sedi opportune, vengano affrontati e discussi i citati argomenti per un futuro meno incerto per le case da gioco italiane, chiudo con la frase che il mio professore di latino ci rammentava allorché si presentava qualche difficoltà. La cito tradotta come la ricordo, sono trascorsi 65 anni: nessuno è obbligato a fare l’impossibile. E seguitava così il professore: almeno provaci!
D’altra parte è giusto; così operando nessuno potrà rimproverarsi per il fatto che non si è avuto un esito positivo.
 

Articoli correlati