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Responsabilità, professionalità, esperienza: i 'must' per la gestione dei casinò

03 marzo 2018 - 09:39

Gli elementi fondamentali per la gestione dei casinò risiedono in responsabilità, professionalità ed esperienza.

Scritto da Claudio Bonamano
Responsabilità, professionalità, esperienza: i 'must' per la gestione dei casinò

Affrontare l’argomento sulle gestioni delle nostre case da gioco risulta essere sempre molto complicato e delicato. Per approfondire la questione su come sono stati e vengono gestiti i casinò da quando è iniziata la crisi che ha messo in luce le carenze del “non saper” gestire un’attività peculiare come quella dell’azzardo servirebbero almeno cento pagine per entrare nei dettagli di quanto abbiamo assistito in questi ultimi vent’anni e pertanto ci limiteremo soltanto ad alcune considerazione  di carattere generale.
Prima della crisi i casinò andavano a gonfie vele e le varie gestioni non si erano mai poste il problema crisi, vuoi perché non erano ancora nate le Spa,  vuoi perché le gestioni dirette dei vari enti  locali fungevano sempre da cuscinetto e, alla fine, tutti ne erano soddisfatti.
Da quando sono state istituite le Spa a partecipazione pubblica le cose iniziano a cambiare proprio sulla tipologia di gestione con dirette responsabilità previste dalle normative in materia di società. Ecco arrivare i primi manager promossi sul campo come esperti di gioco,  catapultati direttamente dalle scelte politiche delle varie amministrazioni, ma senza alcuna conoscenza dell’”industria casinò”. Bastava aprire il portone d’ingresso dei casinò e tutto filava come una macchina ben oliata e senza alcun intoppo. Bassi costi, alti introiti.

LA FASE DELLA CRISI - Dopo le Spa ecco giungere la crisi e qui sono emerse le prime criticità sull’operato dei vari managers e amministratori. Sottovalutando la crisi, poichè è notorio che in un momento di difficoltà economica le gente si riversa nella speranza di vincite al gioco, si è continuato con la stessa logica dell’aprire il portone e non pensare a come poter mantenere la clientela. In più lo Stato assumeva un ruolo predominante con l’aumento di giochi e scommesse per non parlare delle centinaia di migliaia di slot disseminate in tutto lo stivale.
Dinnanzi a questi fatti concreti le varie amministrazioni locali, alle quali spetta la  nomina dei componenti dei vari consigli di amministrazione e le scelte dei ruoli apicali, non hanno saputo cogliere il momento e  individuare quelle figure che potevano, in qualche modo,  affrontare la particolare situazione limitandone i danni. Certamente non si potevano aumentare gli incassi fino a quel momento raggiunti, ma almeno provvedere a intraprendere una gestione più oculata e attenta derivante dalla peculiarità dell’attività di gioco.
Tenendo conto che l’unica fonte di guadagno deriva esclusivamente da chi varca la soglia d’ingresso delle case da gioco, non è stata data la giusta attenzione al cliente e non è stata quasi mai attuata una politica di incremento della clientela (meglio dire di giocatori) con azioni dirette a queste categorie di fruitori. Nella maggior parte dei casi abbiamo assistito a operazioni improbabili che nulla avevano a che fare con il core business dell’attività e, mentre la maggior parte dei clienti giocatori percepiva una minore attenzione nei propri confronti con una riduzione consistente di benefits,  altri soggetti ne traevano vantaggio.  Nuovi, o potenziali nuovi giocatori, non venivano intercettati per la poca conoscenza del settore di chi guidava i vari casinò.
 
IL TAGLIO DEI COSTI - Per correre ai ripari visto che i conti non tornavano, è stato provveduto al taglio indiscriminato dei costi con una precisione ragionieristica senza pensare alle conseguenza di tagli in settori strategici che dovevano essere, invece,  incrementati come quelli rivolti alla clientela per mantenere o limitare il calo gli introiti. Perché, ripeto (ma sembra che questa ovvietà non venga ancora recepita), l’unica fonte di guadagno deriva esclusivamente da coloro che giocano (sia reale che virtuale).
Dopo il taglio dei costi, visto che ancora i conti non tornavano, si è iniziato  a metter mano sui portafogli dei lavoratori con la  minaccia di licenziamenti ed esuberi. Nella maggior parte dei casi i risparmi derivanti dal taglio del costo del personale o dall’applicazione dei contratti di solidarietà non hanno portato alcun beneficio alle aziende e il “sacrificio” dei lavoratori è risultato pressochè inutile.  Inoltre, anche il taglio o il risparmio del costo del lavoro non è stato utilizzato per investire su azioni di rilancio e nel caso specifico i lavoratori si sono  trovati beffati e danneggiati e senza alcuna garanzia di mantenimento del posto di lavoro
Mentre i lavoratori si vedono tagliare le retribuzioni, amministratori e dirigenti non risentono di questo momento mantenendo i loro status e, nemmeno da parte delle proprietà sono state intraprese azioni  nei confronti di coloro che prevedevano incassi straordinari contenuti solo sulla carta dei piani industriali e che poi si sono verificati nettamente inferiori rispetto alle attese portando le azienda a una situazione di contrazione di incassi quasi irreversibile. Vale la pena di ricordare  soltanto un’azione legale intrapresa da parte di un’amministrazione comunale per  “mala gestio” nei confronti di un amministratore e la conclusione è stata una transazione onerosa in favore di quest’ultimo. In altri casi così evidenti, le varie proprietà non hanno mai svolto alcuna azione sulle reali responsabilità dei soggetti preposti al buon andamento dell’attività dei casinò e questo fa comprendere che manca proprio professionalità ed esperienza.
 
ARRIVA IL CONTO - Insomma, alla fine chi ci ha rimesso per l’incapacità di chi non ha saputo gestire, sono stati  i lavoratori e le varie comunità territoriali che hanno visto ridotti o eliminati dei servizi essenziali specie nel welfare. I vari vertici si sono sempre trincerati sul fatto che le indicazioni gestionali venivano date esclusivamente dall’azionista di riferimento e pertanto loro avevano le “mani legate”. Giustificazioni che possono essere date a chi non mastica di casinò, ma dall’analisi dei dati la giustificazione, nella maggior parte dei casi, non regge. In questa fase non sono esenti da colpe anche una parte di quel sindacato proveniente non dalla produzione ma dalla struttura politico burocratica dove alcune scelte venivano concordate e già decise con la parte politica specialmente in quelle riunioni “ristrette” dove proprietà, azienda e sindacato sovente dimostravano la vera natura delle azioni non certo in favore dei lavoratori (e chi scrive lo può affermare con cognizione di causa). Per superare queste difficoltà , non bastano soltanto esperienza e professionalità , più volte ricordate da tutti gli esperti di gaming, ma anche un grande senso di responsabilità e moralità specie nei confronti dei lavoratori e dei cittadini.
In conclusione, abbiamo assistito e stiamo assistendo all’azzeramento dei lavoratori delle case da gioco che sembrano gli unici responsabili del cattivo andamento della produzione, mentre i managers scelti dalla politica rimangono intoccabili. Alla fine chi ha pagato e sta pagando sono esclusivamente i lavoratori che possono ringraziare coloro i quali hanno giocato e stanno giocando con le loro vite e quelle delle loro famiglie.
 
L'AUTORE - Claudio Bonamano è stato quadro aziendale del Casinò di Venezia e segretario dello Snalc ed è un esperto di gaming.
 

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