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Ricorso contro delibera su Casinò Venezia, le ragioni dei dipendenti

08 agosto 2017 - 10:27

Ecco il testo del ricorso presentato dai dipendenti del Casinò di Venezia contro la delibera del Comune che prevede tra l'altro la disdetta del contratto aziendale di lavoro.

Scritto da Anna Maria Rengo
Ricorso contro delibera su Casinò Venezia, le ragioni dei dipendenti

In via principale, si annulli, “in parte qua, la deliberazione del consiglio comunale di Venezia numero 19 del 24 maggio 2017 con ogni atto annesso”, in via incidentale subordinata si dichiari “non manifestamente informata la questione di legittimità degli articoli 2, 3, 4 e 14 del Dlgs 19/8/2016 numero 175 in riferimento agli articoli 76 e 3 della Costituzione, con conseguente rimessione degli atti alla Corte costituzionale per il relativo giudizio”, e in via istrutturia si ordini al Comune di Venezia “il deposito del Piano di ristrutturazione e rinnovamento di Casinò di Venezia Gioco Spa, di data sconosciuta”. Queste le richieste contenute nel ricorso presentato al Tar da segretari aziendali dei sindacati e da dipendenti del Casinò di Venezia contro il Comune e nei confronti di Cmv Spa e CdV Gioco Spa e con il quale si chiede l'annullamento della delibera del consiglio comunale del 24 maggio avente per oggetto “Aumento del capitale sociale di Cmv Spa al fine di procere con la ricapitalizzazione ai sensi dell'articolo 2447 c.c. della Casinò di Venezia Gioco Spa funzionale all'attuazione del Piano di rilancio e alla valorizzazione della Casa da gioco del Comune di Venezia”, nella parte in cui, “in pretesa applicazione dell'articolo 14 del Dlgs numero 175 del 17 agosto 2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), approva il Piano di ristrutturazione e risanamento aziendale della Casinò di Venezia Gioco Spa”, oltre che “di ogni altro atto preordinato, presupposto, antecedente, conseguente o comunque annesso, ivi compreso, per quanto di ragione, lo stesso Piano di ristrutturazione e risanamento aziendale”.

Nel ricorso, si ricorda la nota del 25 maggio con cui CdV Gioco, “pur senza menzionare in alcun modo la deliberazione n. 19 intanto adottata e che qui si impugna, ha disdettato/dichiarato il recesso dal contratto aziendale del lavoro del 1999 e le successive modifiche e integrazioni”, e la nota del 29 giugno con cui CdV Gioco ha trasmesso alle Ooss e ai dipendenti il nuovo Regolamento del rapporto di lavoro, predisposto unilateralmente e che “è andato a incidere in modo particolare” su diverse voci contrattuali “per un importo stimabile in oltre 10 milioni di euro, con un'incidenza percentuale dunque del 25 percento circa sul costo del lavoro”.

I MOTIVI DELL'ILLEGITTIMITA' - I ricorrenti ritengono la deliberazione del Comune di Venezia illegittima “nella parte in cui si approva e fa proprio il Piano industriale di risanamento predisposto da CdV Gioco, che impone una nuova regolamentazione unilaterale del rapporto di lavoro” e ne chiedono l'annullamento per diversi motivi di diritto. Innanzitutto violazione degli articoli 14 commi 4 e 2 nonché 6 comma 2 del Dlgs 175/16, eccesso di potere per difetto di presupposto: riferendosi al comma 2 dell'articolo 14, si legge, “non consta che CdV Gioco abbia mai adottato” il previsto “programma di valutazione del rischio di crisi aziendale, che doveva invece costituire il presupposto per l'accertamento dello stato di crisi e, per l'effetto, per la predisposizione di un piano di risanamento”. Lo stesso articolo 14, secondo i ricorrenti, sarebbe stato violato sotto il profilo dell'eccesso di potere per difetto di presupposto e contraddittorietà, contestando che si sia in presenza di un'effettiva situazione di crisi aziendale, come, si legge, detto “proprio da quella Corte dei Conti le cui indicazioni pur vengono espressamente richiamate, sia nei piani che nella deliberazione consiliare”.
Non può in alcun modo ritenersi l'esistenza di una situazione di crisi in una società che consente al Comune di circa 25 milioni di euro l'anno al loro della (al fine modesta perdita d'esercizio: perdita che deriva poi dalla mancata applicazione dell'articolo 20 comma 3 della Comvenzione inter partes, oltre che dall'appostamento di amortamenti e svalutazioni riferibili all'operazione di conferimento del ramo d'azienda avvenuta all'inizio del 2016 che esulano dalla gestione operativa. Senza contare poi che CdV Gioco registra poi un margine operativo lordo positivo di oltre 6 milioni di euro, che appare ampiamente sufficiente a far fronte alle esigenze operative della società, oltre che al pagamento dei mutui gravanti sugli immobili aziendali”.
Viene inoltre evidenziato l'eccesso di poter per digetto di istruttoria e di proporzionalità e che il piano proposto e condiviso dal Comune non fornisce “la benché minima indicazione sugli obiettivi da raggiungersi in riferimento alle singole voci di esercizio, a iniziare anche da quella relativa al costo del lavoro”.
L'unica voce sulla quale si ritiene di poter incidere, in violazione di qualsiasi principio di proporzionalità e di buona amministrazione, è quella relativa al costo del lavoro, prevedendosi la disdetta del Cal e l'applicazione di un nuovo contratto aziendale che, in realtà, si è poi tradotto in un regolamento imposto unilateralmente da CdV Gioco”.
LA PAROLA ALLA CORTE COSTITUZIONALE - Il ricorso invoca, ancora, l'illegittimità costituzionale della disciplina del Dlgs 19 agosto 2016, numero 175, specificamente degli articoli 2, 3, 4 e 14, rispetto alla legge delega 7/8/2014 (…) per violazione della sua ratio ispiratrice laddove si imponeva nella decretazione delegata una 'distinzione tra tipi di società in relazione alle attività svolte' e 'agli interessi pubblici di riferimento' 'anche in base al principio di proporzionalità delle deroghe rispetto alla disciplina privatistica, ivi compresa quella in materia di organizzazione e crisi d'impresa', per violazione degli articoli 76 e 3 della Costituzione e dei principi di proporzionalità, adeguatezza e concorrenza” e, in via subordinata, “i ricorrenti deducono l'illegittimità costituzionale della normativa della legge Madia invocata da CdV Gioco e dal Comune di Venezia”.
Ricordanto le sentenze della Corte costituzionale che evidenziano la lacunosità e disorganicità dell'attuale assetto delle Case da gioco in Italia, i ricorrenti ritengono rilevante l'interesse “a veder riconosciuta la specificità della disciplina relativa alle Case da gioco che doveva essere tenuta in considerazione dal decreto delegato 19 agosto 2016 numero 175”.
 

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