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Disdetta Ccal a Venezia: 'Imposizione dura da digerire'

09 ottobre 2017 - 10:49

Secondo Matteo Matteuzzi, dell'Slc Cgil, la disdetta del contratto di lavoro al Casinò di Venezia è dura da digerire, più nella forma impositiva che nei contenuti.

Scritto da Redazione
Disdetta Ccal a Venezia: 'Imposizione dura da digerire'

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, una lettera di Matteo Matteuzzi, dirigente Slc Cgil con delega al Casinò di Venezia, in merito alla disdetta del contratto di lavoro da parte dell'azienda.

"Cambia il mondo del lavoro, ovunque, diminuiscono le tutele, aumenta la precarietà. Interinale, a termine, somministrato, salari in discesa, questo è diventato il lavoro, se ci si guarda attorno. Più poteri a chi il lavoro lo offre, meno tutele per chi il lavoro lo esegue. La vicenda della disdetta contrattuale confezionata il 20 giugno u.s. al Casinò di Venezia rischia di essere il simbolo (l'ennesimo) del cambiamento, e le sue ripercussioni finiranno per coinvolgere altre realtà lavorative. Un sasso buttato nello stagno (o forse sarebbe meglio definirla palude) di ciò che norma il rapporto tra datore e dipendente, tanto per vedere l'effetto che fa.

Nel nome della modernità, una modernità dal sapore medievale; si decide che per annullare un contratto aziendale basta una semplice raccomandata. 534 dipendenti, finisce così, tabula rasa di ciò che per definizione viene 'contratto' (due soggetti che si accordano), discusso e accettato nel rapporto tra le parti. Si badi bene, non un semplice integrativo contrattuale, ma ciò che stabilisce le regole del gioco, quelle basiche: il contratto. Il datore decide che non è più comodo, utile, conveniente, decide che si può gettare al vento e riscrive di suo pugno senza negoziare, concordare, accordare, diritti e doveri, ovviamente diminuendo i primi e aumentando i secondi.

Il sasso crea le onde concentriche e tutti stanno a guardare l'effetto che fa. Si scelgono i dipendenti della Casa da gioco, notoriamente definiti privilegiati (anche se ormai i privilegi sono parte di una memoria lontana), si sceglie l'anello che non smuove la collettività dimenticando che la stessa collettività ne pagherà le conseguenze.
Un taglio netto: mezzanotte del 30 giugno, contratto evaporato. Primo luglio, regolamento unilaterale, imposto, impacchettato e servito sotto la protezione della 'modernità', evidenziato come la scure che cala sui privilegiati.
Dimenticano di dire la verità, usuale comportamento della politica della modernità: stanno creando il precedente: prima volta nella storia in cui un contratto aziendale che indossa il vestito di un contratto nazionale finisce nel cesto della spazzatura con un colpo di spugna e viene sostituito da un imperio datoriale.
Ecco, è tutto qui, troppo da digerire nella sua forma impositiva più ancora che nei contenuti. Ecco il precedente che fa paura perché riguarda tutti, tocca i diritti di ogni singolo lavoratore. Indica quei diritti come rendite di posizione, indebolisce la struttura sociale del lavoro, abbassa l'asticella delle tutele fino ad annientare quelle che fino a ieri parevano elementari e consolidate.
Il sindacato non può che fare la voce grossa, provare a difendere, ben conscio che il mondo è cambiato, ma altrettanto consapevole che le conquiste che i nostri padri hanno saputo portare a casa, dal dopoguerra in poi, vanno difese con i denti, almeno per una questione di rispetto, antica parola che pare passata di moda nella politica della modernità".

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