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Società partecipate, la Corte costituzionale boccia la riforma Madia

26 novembre 2016 - 08:11

La Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale la riforma Madia delle società partecipate dagli enti pubblici. 

Scritto da Anna Maria Rengo
Società partecipate, la Corte costituzionale boccia la riforma Madia

Con una sentenza, la Corte Costituzionale ritiene incostituzionale la legge delega Madia di riforma della pubblica amministrazione, dalla quale, tra l'altro, è scaturito il decreto legislativo sulle società partecipate, tra cui rientrano anche quelle gestiscono i casinò, e che è entrato in vigore lo scorso 23 settembre.

Secondo la sentenza, infatti, la legge, contro la quale aveva presentato ricorso la Regione Veneto, è incostituzionale laddove prevede di riformare l'assetto pubblico solo "previo parere" e non "previa intesa" con le Regioni, in materie da cui queste non possono essere solo consultate: dai dirigenti della sanità alle partecipate e ai servizi locali come trasporti, rifiuti, illuminazione. 

Già in precedenti occasioni, la Corte ha ritenuto che il legislatore statale debba vincolare l’attuazione della propria normativa al raggiungimento di un’intesa, basata sulla reiterazione delle trattative al fine del raggiungimento di un esito consensuale, nella sede della Conferenza Stato Regioni o della Conferenza unificata, a seconda che siano in discussione solo interessi e competenze statali e regionali o anche degli enti locali. Nella giurisprudenza della Corte, ricorda la Consulta, le Conferenze sono ritenute una delle sedi più qualificate per realizzare la leale collaborazione e consentire, in specie, alle Regioni di svolgere un ruolo costruttivo nella determinazione del contenuto di atti legislativi statali che incidono su materie di competenza regionale.

In questa sentenza la Corte afferma – in senso evolutivo rispetto alla giurisprudenza precedente –
che l’intesa nella Conferenza è un necessario passaggio procedurale anche quando la normativa statale deve essere attuata con decreti legislativi delegati, che il Governo adotta sulla base di quanto
stabilito dall’art. 76 Cost. Tali decreti, sottoposti a limiti temporali e qualitativi e condizionati a tutte le indicazioni contenute nella Costituzione e nella legge delega, non possono sottrarsi alla procedura concertativa, proprio per garantire il pieno rispetto del riparto costituzionale delle competenze.
Per quanto riguarda le norme contenenti le deleghe al Governo per il riordino della disciplina vigente in tema di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, nonché di partecipazioni azionarie delle
pubbliche amministrazioni e di servizi pubblici locali di interesse economico generale, esse incidono su
una pluralità di materie e di interessi, inscindibilmente connessi, riconducibili a competenze statali
(ordinamento civile, tutela della concorrenza, principi di coordinamento della finanza pubblica) e
regionali (organizzazione amministrativa regionale, servizi pubblici locali e trasporto pubblico
locale). La Corte costituzionale ne ha, pertanto, dichiarato l’illegittimità costituzionale nella parte
in cui, pur incidendo su materie di competenza sia statale sia regionale, prevedono che i decreti
attuativi siano adottati sulla base di una forma di raccordo con le Regioni, che non è quella dell’intesa, ma quella del semplice parere, non idonea a realizzare un confronto autentico con le
autonomie regionali. La previa intesa deve essere raggiunta in sede di Conferenza Stato-Regioni per
l’adozione delle norme attuative della delega in tema di riordino della disciplina del lavoro alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni. Anche in tal caso sono in gioco interessi che coinvolgono lo Stato e le Regioni, mentre in sede di Conferenza unificata sono coinvolti anche gli interessi degli enti locali.
L'AMBITO DELL'ESAME DELLA CONSULTA - La Corte ha circoscritto il proprio scrutinio solo alle disposizioni di delega specificamente impugnate dalla Regione Veneto, lasciando fuori le norme attuative. Le pronunce di illegittimità costituzionale colpiscono le disposizioni impugnate solo nella parte in cui prevedono che i decreti legislativi siano adottati previo parere e non previa intesa.
Le eventuali impugnazioni delle norme attuative dovranno tener conto delle concrete lesioni delle competenze regionali, alla luce delle soluzioni correttive che il Governo, nell’esercizio della sua discrezionalità, riterrà di apprestare in ossequio al principio di leale collaborazione.

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