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Casinò, lascia o raddoppia? Cresce il consenso su nuove case da gioco

28 novembre 2015 - 11:30

Il governo è intenzionato a moltiplicare per due il numero di casinò in Italia. Un’ipotesi al vaglio dei tecnici di Mef e Viminale che trova consensi in entrambi i rami del Parlamento.

Scritto da Anna Maria Rengo

Montecatini, Anzio, Salerno, Bari, Fasano e Taormina. È tra questi sei ‘candidati’ che il governo dovrebbe scegliere i quattro nuovi comuni che faranno compagnia a Campione d’Italia, Saint Vincent, Sanremo e Venezia nella ristretta compagnia di comuni che ospitano casinò in Italia. Il condizionale è quanto mai d’obbligo, visto che al momento non è chiaro né quale potrà essere lo strumento normativo, né i dettagli del progetto (o progetti?) di riorganizzazione normativa dei casinò (nell’ambito del quale si metterà mano anche all’attuale assetto gestionale affidato a quattro differenti società) che è sul tavolo dei tecnici e dei politici del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ma che dovrà essere valutato con attenzione anche dai colleghi del Viminale, ministero di riferimento per quanto riguarda le Case da gioco. Fatto sta che la ventilata riforma (che recentemente il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta ha affermato non essere imminente) trova consensi politici. Inaspettati rispetto alla levata di scudi che ci sarebbe stata appena una decina d’anni fa. Inaspettati a quella che ci si aspetta essere la reazione dell’opposizione al governo: quindi un ‘no’ tout court.

Per esempio Giacomo Stucchi, senatore della Lega Nord e attuale presidente del Copasir, afferma: “Sono favorevole all'apertura di nuove case da gioco, con una gestione controllata principalmente dal ‘pubblico’, mentre la gestione operativa potrebbe essere affidata ad una o più società, anche private, come ho già detto in altre occasioni”. Secondo Stucchi infatti “le case da gioco sono, a differenza di altre forme di gioco, facilmente controllabili, essendo una realtà molto diversa dalle slot machine, e potrebbero fare da contrappeso all'eccessiva diffusione dei punti di gioco”. Inoltre, “possono generare occupazione sia diretta che indiretta per il territorio dove sono ubicate: non solo turismo ma anche manutenzione del territorio, con l'impulso positivo che riceverebbe il settore alberghiero, la ristorazione, la cultura. Come nel caso di San Pellegrino Terme che riutilizzerebbe un edificio storico”. Stucchi sottolinea inoltre come “il casinò è certamente una fonte di ricchezza per il territorio. Penso che la gestione operativa affidata ad una società privata possa garantire la buona conduzione aziendale e la ricerca di un'ottimizzazione delle risorse d'impresa e quindi dei relativi utili”.
Gregorio Fontana, deputato di Forza Italia, è fortemente critico nei confronti dell’operato del governo, ma non certo dell’idea di fondo di aprire nuovi casinò: “Sono certamente favorevole, nel senso che l’apertura di nuove case da gioco con regole ben precise può essere anche una risposta all’indirizzo dato nella delega fiscale tristemente fallita, concentrare il più possibile i luoghi dove si esercita il gioco d’azzardo. Riaprirli potrebbe essere un volano per l’economia locale. Questa era un’aspettativa che avevamo e che era stata alimentata, ma a causa dell’incapacità del governo di gestire questo strumento straordinario, la delega è tristemente fallita”. Anche secondo Fontana sui casinò “le autorità competenti possono esercitare controlli con maggiore facilità rispetto alle decine di migliaia di slot che si trovano dai piccoli paesi di provincia alle grandi città e questo alimenta la ludopatia e l’esposizione al gioco di minori e di persone deboli, cosa che invece in un ambito confinato e controllato come sono i casinò è difficile se non impossibile. La prospettiva di sblocco della situazione poteva venire con la legge di Stabilità 2016, ma quella varata dal governo prevede da un lato la tassazione sulle slot e nuovi bandi: mi pare una ulteriore beffa e una risposta inadeguata”.
Un distinguo importante, da parte del deputato, viene però quando si parla di casinò in perdita, oppure come galline dalle uova d’oro: “I casinò di per sè non sono fonte di ricchezza, se però sono messi insieme ad altre infrastrutture turistiche, potrebbero essere un volano importante. Penso al connubio con il turismo montano, termale, sciistico, con gli ecomusei, insomma a un pacchetto complessivo dove c’è anche questo importante elemento. In passato la gestione pubblica ha comportato, come tutto quello che viene gestito dal pubblico, buchi e situazioni spaventose, ma è chiaro che quello che sarà fatto di nuovo dovrà essere in mano a situazioni ben definite, privati o comunque a non partecipazione pubblica, per evitare che casinò diventano pensionati per dare posti di lavoro e per far sì che siano competitivi anche all’estero”.
Mario Sberna, deputato del gruppo 'Per l'Italia-Centro Democratico, è da sempre in prima linea contro il gioco. Quando si parla di casinò, però, si dice “non entusiasta ma piuttosto delle slot e dell'online incontrollato e indiscriminato, meglio così: quanto meno ci entrano solo maggiorenni e non c'è il condizionamento costante della pubblicità come per le slot e l'online.Al Casinò ci si va per precisa volontà, alla slot si inizia quasi sempre per caso. E poi è evidente che la marea di anziani che si giocano la pensione nel bar sotto casa, o di giovani squattrinati non andrebbero in un luogo distante a fare la stessa cosa”. Che poi i casinò esistenti o nuovi, possono essere un volano per lo sviluppo turistico del territorio e per il sostegno economico delle casse pubbliche, specie locale, secondo Sberna “non esiste, né mai esisterà, un turismo del gioco, alla Las Vegas. Chi va al Casinò fa il classico mordi e fuggi, ben poca cosa per le esangui casse delle amministrazioni locali”.
Il battagliero depurato evidenzia ancora che i casinò non sono più una fonte di ricchezza per il territorio: “Penso che per le società di gestione le nuove aperture saranno soldi buttati, così come sono soldi buttati tutti quelli dei giocatori che praticano l'azzardo. E il conto, poi, lo paghiamo tutti con le terapie per restituire alla società gente malata, fallita, disperata”.

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