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Casinò e riordino partecipate, necessità che va oltre l'obbligo di legge

25 settembre 2017 - 08:10

I bilanci dei casinò italiani rendono necessario il procedere al riordino delle loro società, tutte partecipate da enti pubblici.

Scritto da Anna Maria Rengo
Casinò e riordino partecipate, necessità che va oltre l'obbligo di legge

Le proprietà dei casinò italiani, utilizzando le prerogative fissate dal nuovo decreto legislativo sulle partecipate (che ha previsto per essi apposite deroghe agli obblighi previsti), hanno scelto di non dismettere o razionalizzare le loro società di gestione, questo nonostante in tre casi su quattro siano in perdita.

Questo non significa affatto che vada tutto bene, come è emerso nella seduta fiume del Consiglio Valle, dove la relazione sulla gestione 2016 del Saint Vincent Resort & Casino e più in dettaglio l'ordine di servizio con cui è stato istituito un comitato esecutivo gioco sono state la scintilla che ha scatenato un dibattito infinito che, al di là delle schermaglie politiche locali, la dice lunga su come queste aziende siano tutt'altro che un bancomat per le proprietà, ma sempre più un “problema”, o perlomeno sentito o sbandierato come tale.
In questo contesto, se pure non si dovesse dare attuazione a quanto sancito in Conferenza unificata, dove è stata raggiunta l'intesa sul riordino dell'offerta di gioco e su quello, normativo, dei casinò, resta l'esigenza di rimettere mani alle società che li gestiscono, anche per quanto riguarda il rapporto con le proprietà. Essere società in perdita, soprattutto quando si svolge un'attività non certo primaria o di servizio pubblico, è un controsenso, ma se questo accade è anche (non solo) a causa dell'eccessivo peso del quantum da corrispondere all'ente proprietario, e che poi si trova nella condizione di dover ripianare i debiti, altro controsenso.
In effetti, le situazioni sono molto diversificate, al punto da rendere difficile, se non impossibile, la comparazione dei bilancio aziendali: meglio dunque sarebbe una regola unica, un unico modello di convenzione tra società (non necessariamente pubblica, come già in passato si è verificato in Italia) e proprietà, se ci sarà la volontà politica, a diversi livelli, di procedere in tale ambito.

Chissà inoltre se non sarebbe anche bene che la gestione si allontanasse dalla politica locale, tuttora molto presente, sia nella scelta dei manager che nei rapporti con i sindacati che, ancora, nella quotidianità aziendale. Sono certamente spunti per una riflessione che porti a una rivoluzione copernicana anche per i casinò, che hanno certamente una chance in più di risollevarsi, ora che ci si avvia a ridurre del 34 percento il parco slot e del 50 percento i punti di gioco in Italia, ma che se non sapranno darsi (o se non gli saranno date) nuove regole, rischiano di perdere un'ottima occasione.
 

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