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Bilanci casinò, non si viva di soli tagli del costo del lavoro

26 settembre 2016 - 08:02

Proprietà e società di gestione dei casinò italiani alle prese con il risanamento dei bilanci: scopo che deve essere raggiunto agendo su più fronti.

Scritto da Anna Maria Rengo
Bilanci casinò, non si viva di soli tagli del costo del lavoro

Il tema del costo del lavoro è nei casinò italiani di sempre cogente attualità, come hanno dimostrato anche le recenti vicende che hanno infine portato alla sottoscrizione dell'accordo, tra azienda e sindacali, a Campione d'Italia. E probabilmente lo diventerà ancora di più ora che sono entrate in vigore le disposizioni del decreto legislativo di riordino delle società partecipate dagli enti pubblici, anche se al momento non è chiaro, ed è oggetto di approfondimento, quante e quali di esse potranno applicarsi anche a essi. Ovviamente, a una sommaria analisi, tutte.
La necessità di far quadrare i bilanci, specie a fronte di incassi che nella migliore delle ipotesi faticano a restare stabili, è dunque quanto mai attuale. Ed è evidente che il costo del lavoro è la voce più facile dalla quale attingere, essendo tra l'altro la più pesante, tra tutte le voci che compongono il bilancio societario.
Se una trattativa si è dunque chiusa, altre potrebbero aprirsene, e il fronte che potrebbe essere più esposto a questa ipotesi è quello veneziano, anche se sinora non ha trovato conferme ufficiali la notizia, apparsa sulla stampa veneziana, che il Comune avrebbe chiesto al Casinò un serio piano relativo al taglio dei costi complessivi, a cominciare, appunto, da quello del lavoro.
È facile definire i croupier come una casta di privilegiati che ha goduto fin troppo e fin troppo a lungo di trattamenti inadeguati (in senso per essi positivo!) e oggi anacronistici. Può essere sicuramente vero. È anche vero, però, che ci sono anche altri fronti sui quali incidere: ottimizzazione delle altre spese e attuazione di politiche che portino al rilancio degli incassi, un altro modo, magari meno immediato, per raddrizzare in tutto o in parte i conti.
Sempre per restare nell'orto dei luoghi comuni, c'è chi dice che di piani industriali, in passato, nel presente e forse anche in futuro, ce ne sono stati e ce ne saranno anche troppi. Il problema è che da fiumi di parole si è passati a rigagnoli di fatti. Vero, verissimo, ma questo non significa che allora i piani industriali, per loro stessa definizione, non debbano esistere, e che ci si debba limitare a interventi spot, senza alcuna sistematizzazione cronologica, programmatica e logica. Non significa, neanche, che se in passato sono stati fatti degli sbagli, non esista la possibilità di un futuro diverso, e questo senza aspettare soluzioni governative (la ventilata nascita di una unica società per i quattro casinò tricolori) che potrebbero anche tardare.

L'invito, in vista dell'opera che proprietà e società di gestione dovranno svolgere per riportare alle cifre nere i loro conti, è che si guardi anche al rilancio e a strategie di sviluppo. Se possibile, a investimenti. Il tutto in maniera seria, chiara, credibile e, soprattutto, concreta! Probabilmente in questo modo anche eventuali sacrifici che verranno richiesti ai lavoratori saranno meglio accolti, così come, in passato, sono stati meglio accolti sacrifici che hanno fatto pendant con gli sforzi aziendali per rilanciare se stessa.

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