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Casinò, la difficile quadratura dei conti

07 marzo 2016 - 08:26

Obiettivo bilancio in pareggio o in attivo per i casinò italiani: tante variabili da considerare ma una sfida che deve essere resa possibile.

Scritto da Anna Maria Rengo
Casinò, la difficile quadratura dei conti

Come una qualsiasi azienda, i casinò italiani sono alle prese con due ordini di problemi/obiettivi: tenere alto il fatturato e far quadrare il bilancio. Di solito di tratta di elementi che procedono di pari passo, ma la peculiarità dell'attività fa sì che non sempre i soldi tirati fuori dai clienti si tramutino in incassi. Anzi, talvolta il casinò può addirittura non solo incassare meno del mese o dell'anno precedente, ma addirittura chiudere in rosso (ovviamente nel caso di quei giochi in cui è il 'banco' il 'nemico' da battere). La peculiarità societaria fa altresì sì (rendendo tutto molto complicato e difficilmente comparabile) che si sia soggetti a una tassazione convenzionale più o meno pesante, che ha il vantaggio di essere in qualche misura contrattabile con la proprietà ma che spesso ha fatto sì che i casinò siano stati considerati dei bancomat.

Se gli incassi fanno clamore e danno lustro, è evidente che il primo e fondamentale indicatore dello stato di salute dell'azienda è il bilancio. Che anche in questi tempi moderni può chiudere in pari o in utile, come ha per esempio dimostrato l'anno passato il Casinò di Sanremo.  A Venezia la proprietà ha compiuto dei passi concreti per consentire alle due società del Casinò di rimettere strutturalmente in sesto i loro conti, con la cessione di ramo d'azienda da parte della Cmv Spa alla Cdv Gioco Spa che di fatto ha avviato il processo per tornare alla situazione precedente il tentativo, da parte dell'ex sindaco Giorgio Orsoni, di privatizzare la gestione della Casa da gioco. Interventi sono necessari anche a Saint Vincent, dove l'innegabile e robusta ripresa degli incassi non ha fatto venir meno le difficoltà di bilancio, in questo caso scarsamente imputabili all'eccessiva esosità della proprietà, che chiede alla società solo il 10 percento degli incassi. Lo stesso dicasi, anzi amplificasi, per Campione, dove la situazione è resa più complicata dal rafforzamento del franco sull'euro, dagli incassi in flessione (anche se prima o poi la pallina della roulette tornerà a girare a favore del banco) e dal fatto che la proprietà ha sempre chiesto molto, moltissimo, alla società di gestione, questo per una pluralità di motivi tra cui citare che l'economia campionese è quasi esclusivamente fondata sulla Casa da gioco. I prossimi mesi saranno determinanti sia per il casinò valdostano che per quello lombardo e tutti saranno chiamati a una prova di responsabilità per raddrizzare quei conti di bilancio che si sono piegati. Certamente non è possibile né corretto sforbiciare solo la voce più facile, ossia il costo del lavoro. I dipendenti hanno già dato e stanno dando tuttora. Soprattutto nel caso di Campione, dove si sta con difficoltà trattando il quantum da corrispondere alla proprietà, bisognerà fare un ragionamento complessivo sulla redditività attuale e possibile del Casinò, alla luce di peculiarità che sono state riconosciute dello stesso legislatore nel momento in cui, e per ben due volte, ha deciso di sostenere con un contributo di diversi milioni di euro un ente, il Comune, che almeno all'apparenza dovrebbe essere baciato dalla fortuna essendo proprietario di una fabbrica di soldi come è o si suppone sia una Casa da gioco.

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