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Incassi casinò in crisi, una neverending story?

06 dicembre 2017 - 08:37

La crisi dei ricavi nelle case da gioco: l'analista di gaming Mauro Natta esamina i suoi inizi e la sua (possibile) fine.

Scritto da Mauro Natta
Incassi casinò in crisi, una neverending story?

Sino al 2004 gli introiti di gioco dei casinò italiani hanno fatto registrare costanti incrementi; dai 477.717.955 del 2000 ai 557.513.568 del 2004. Erano suddivisi tra slot e giochi lavorati rispettivamente in 251,1 e 226,6 nel 2000, 344,2 e 214,0 nel 2004.
Pur tenendo debito conto dell’inaugurazione della sede di Ca’ Noghera a Venezia (agosto 1999) non si può negare la precedente affermazione.
Nel 2005 troviamo l’inizio del calo continuo nel totale dei ricavi che passano da 557,5 nel 2004 a 460,1 nel 2009; le slot da 344,2 nel 2004 a 279,1 nel 2009; i giochi lavorati da 214,0 nel 2004 a 181,0 nel 2009.
Nel 2005 le “macchinette” sono state autorizzate ed è innegabile che l’evento ha avuto un riscontro più che negativo per le case da gioco.
Sicuramente non solo per i ricavi slot perché le macchinette sotto casa hanno influito, e non poco, sulla considerazione dei costi aggiuntivi per raggiungere un casinò; tentare la fortuna più o meno vicini ha fatto propendere la scelta per la sala giochi piuttosto che per il casinò anche per chi, forse, avrebbe preferito altri giochi. Giochi che poi ha ritrovato nell’online e altro ancora.
Probabilmente il ridimensionamento numerico delle macchinette (per semplificare il provvedimento) previsto per legge porterà qualche piccolo beneficio anche alle case da gioco; poco significativo che, certamente, sarà
- scusate l’espressione - un brodino.
Tre su quattro sono le case da gioco in gravi difficoltà. Mi permetto di osservare che le motivazioni addotte per ottenere una casa da gioco sul proprio territorio stanno scomparendo; Comuni (Sanremo escluso) e Regione si trovano in brutte acque e, forse, delle tante motivazioni è rimasta solo l’occasione occupazionale diretta e dell’indotto turistico e aberghiero. Non si può parlare di entrate tributarie con bilanci in perdita, con debiti enormi e con piani rilancio che non producono effetti.

LE CONCAUSE DELLA CRISI - Provo ad elencare le possibili concause che hanno provocato una tale situazione che non pare fosse prevedibile una decina di anni or sono. Intanto i lavori per ammodernare quella che un tempo era la “fabbrica dei soldi”; Campione e Saint Vincent.
I costi di manutenzione per Ca’ Vendramin a Venezia, gli ammortamenti per gli altri due che sommati ad eventuali interessi passivi per mutui e/o anticipazioni bancarie concorrono alla formazione di elementi negativi del conto economico.
Tra le concause mi pare possa annoverarsi con ragione, la crisi economico-finanziaria iniziata nel 2007 e che non accenna a diminuire sensibilmente tanto da influenzare l’incremento del superfluo.
Sicuramente - e non è la prima volta che intervengo sull’argomento - non si può negare che il costo del personale e, ancor più, la rilevanza percentuale sul totale dei ricavi di detto costo sono stati i maggiori artefici dei bilanci d’esercizio passivi.
Certamente, a mio personale modo di vedere si registra la urgente necessità di un intervento legislativo mirato a ricreare le condizioni che almeno assicurino la continuità occupazionale in attesa di tempi migliori che speriamo arrivino.

I MONITI DELLA CORTE COSTITUZIONALE - La Corte Costituzionale ha invitato per due volte a distanza di anni il Parlamento a legiferare in materia di case da gioco in modo organico. Non si può negare che il Parlamento non sia intervenuto in materia: quando ha evitato la tassazione sulle vincite realizzate nei casino con l’incremento di una imposta sostitutiva, per esempio, evitando così che moltissimi giocatori si recassero all’estero. Poi, con l’approvazione della legge Europea nel 2015, è decaduto l’incremento precedentemente citato.
Probabilmente, una disposizione legislativa atta ad assicurare il non uso delle notizie raccolte nelle case da gioco a fini fiscali a meno che non interessino la sfera penale, potrebbe apportare a qualche beneficio a scapito della concorrenza oltre confine.
Il ricorso, da parte dei gestori, a premiare la multifunzionalità dei dipendenti potrebbe portare un ristoro del relativo costo. Un trattamento fiscale e parafiscale maggiormente correlato alla considerazione delle vincite realizzate nelle case da gioco sarebbe un ulteriore passo nella stessa direzione.
Un maggiore e migliore - forse in alcuni casinò è in uso – ricorso all’utilizzo di gettoni non convertibili quale misura antiriciclaggio potrebbe diminuire il discorso sul tema riciclaggio. L’aumento dell’uso dei contanti reputo sia una misura da rivedere.
Concludo nella speranza di aver, in minima parte, contribuito portando qualche argomento sul quale, possibilmente e se creduto valido, accendere una discussione; i suggerimenti sono frutto della passata esperienza a contatto con i giocatori e con il modo del lavoro nelle case da gioco.

L'AUTORE – Mauro Natta è stato segretario nazionale dello Snalc e ha lavorato nei casinò di Venezia e di Saint Vincent.

 

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