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Licenziamenti al Casinò St. Vincent, alla ricerca di alternative

25 febbraio 2017 - 08:46

L'analista di gaming Mauro Natta esamina gli scenari alternativi al ricorso al licenziamento collettivo di 264 dipendenti del Casinò di St. Vincent.

Scritto da Mauro Natta
Licenziamenti al Casinò St. Vincent, alla ricerca di alternative

Un modesto contributo, una alternativa ragionata al provvedimento di licenziamento collettivo al Saint Vincent Resort & Casino da chi, per più di quaranta anni, in qualità di dipendente ha maturato convinzioni ed esperienze in molte mansioni.
Ecco quanto mi sento di suggerire con una premessa indispensabile:
1) mi pare poco, se non per nulla, produttivo seguitare ad avere due contratti di lavoro a fronte di giochi simili che si ritrovano concorrenti. Ad esempio chemin de fer e punto banco;
2) è impensabile che un addetto alla roulette americana non possa svolgere il proprio lavoro alla fair roulette e, dopo un adeguato corso di maneggio,alla roulette francese tradizionale.
Tutti gli addetti ai lavori condividono l’esigenza di adeguare l’offerta alla domanda, in specie, quando i prodotti offerti non sono indispensabili. Ed allora perché non accelerare quel processo che pareva iniziato di mettere in grado gli addetti diretti alla produzione di conoscere e saper svolgere nel miglior modo possibile tutti o quasi i giochi che sono presenti?

Eccomi al contributo. Perché non pensare di attivare un ricorso robusto al contratto part time (anche se è stato scartato, mi pare di averlo letto)? Certamente occorre prendere in considerazione le due premesse che precedono. È una mia personale convinzione, lo ripeto, ma il licenziamento collettivo fa correre il rischio di gettare alle ortiche la professionalità acquisita dal personale; non mi si venga a dire che la professionalità non è un punto di forza di una casa da gioco!
Un ulteriore beneficio si avrà, dopo che gli addetti alla produzione, sapranno gestire più giochi, quando in occasione dei pensionamenti non si verificherà più una scarsità nella composizione dei reparti in quanto tutti, o quasi, daranno convenientemente e professionalmente realizzazione al criterio prima accennato che, coniugato con il miglioramento dei servizi alla clientela, sarà di aiuto e supporto al marketing e alla fidelizzazione dei giocatori.
L’avevo scritto e, purtroppo, si è avverato: per eliminare la perdita d’esercizio e assicurare un certo equilibrio gestionale la via più semplice è quella di ridurre, tra i costi, quello per il personale.
Certamente presenta minori incognite di una scelta mirata all’incremento dei ricavi ed ha un costo più accessibile.
Chi assicura l’esattezza dell’equazione seguente che, più o meno, afferma che una diminuzione del costo del personale di 15 milioni garantisce il pareggio di bilancio.
Oppure, che per ottenere un risultato d’esercizio in pareggio il costo del personale non deve incidere più del 50% sui ricavi aziendali.
Nelle case da gioco esistono rapporti matematici dai quali non si può derogare in alcun modo: il rapporto tra mance ed introiti nel medio periodo (ad esempio sei mesi), la percentuale a favore del banco e le probabilità della vincita collegate a detta percentuale.
La problematica ricavi implica troppe incognite per chiamarla a formare una parte dell’equazione. Il rischio di esercizio dipende da troppi fattori anche estranei all’azienda; per questo motivo mi pare alquanto 'azzardato' un simile ragionamento. Non è detto poi che l’errore sia di chi scrive.
È sperabile che tale scelta (licenziamento collettivo) sia stata fatta dopo che, a monte, esaminati i punti di forza e di debolezza dell’azienda, dava maggiori probabilità di successo; non pare fosse obbligata.
E così siamo arrivati al licenziamento collettivo; c’è necessità di recuperare quindici milioni e, quindi, la maggior sicurezza risiede nella scelta fatta e condivisa il 20 febbraio 2017.
Non desidero soffermarmi sulle motivazioni che hanno portato i bilanci dal 2012 ad oggi in passivo (qualcuna da lontano, altre più recenti); intendo solo ricordare che in aggiunta al costo del personale troviamo interessi passivi sui mutui, esposizioni bancarie e ammortamenti.
E se, per caso, qualcuno pensasse di eliminare anche questi ultimi fattori di passività, senza contare la ristrettezza conseguente in fatto di liquidità, forse si potrebbe ottenere un miglior risultato.
Forse è il mio passato di sindacalista che mi invita ad esporre altre riflessioni.
Il primo rischio, col provvedimento del licenziamento collettivo, è quello di buttare il bambino con l’acqua sporca, ovvero la professionalità acquisita. Molto probabilmente col ricorso al part time in modo intensivo si potrebbero raggiungere esiti uguali se non migliori; è una convinzione personale. Con l’istituzione di corsi professionali si ottiene quella multifunzionalità del personale che permette un turn over meno impegnativo e, al tempo stesso, la realizzazione di un criterio gestionale da non trascurare: il vero adeguamento dell’offerta alla domanda.
C’è da ritenere, vista la scelta, che il miglioramento dei servizi alla clientela sia stato considerato un optional; probabilmente in considerazione anche dei punti di debolezza e del costo relativo in carenza di un celere rientro.
Concludo con un auspicio: che il ricorso al part time possa divenire una valida alternativa alla 'minaccia' del licenziamento collettivo, che i corsi vengano istituiti seriamente, che si trovi una soluzione per eliminare dai bilanci della società partecipata il peso degli interessi passivi e degli ammortamenti.
Certamente non saprei suggerire una via da seguire, non sono all’altezza e non conosco la normativa in vigore, mi pare che la proprietà di quanto conferito dalla Amministrazione regionale del 2009 per l’aumento di capitale debba tornare di proprietà esclusiva della Regione e, con questo, è auspicabile una equa soluzione dei rapporti di debito e credito tra quest’ultima e la partecipata.
Non va dimenticata la possibilità di concedere la gestione ai privati; in questo caso gli immobili ed altro (L.r. 49/2009) citati potrebbero, al massimo, essere concessi in comodato d’uso gratuito.
Rimane un solo problema: trovare un accordo tra i dipendenti tecnici relativo alla ripartizione del cosiddetto 'punto'.
Sono convinto del fatto che di fronte alla possibilità di salvare l’azienda anche i dipendenti sapranno accettare i sacrifici necessari pensando ad un domani meno triste.
Definitivamente intendo ricordare - e questa sarà, spero, l’ultima volta in attesa che qualcuno se ne occupi seriamente - che una parte del costo del lavoro potrebbe ottenersi da una diversa considerazione ai fini Irpef delle mance e, di conseguenza, a mente il D.L.vo n.314/97, una revisione della contribuzione lavoristico previdenziale.
L'AUTORE - Mauro Natta è stato segretario nazionale dello Snalc e ha lavorato nei Casinò di Saint Vincent e di Venezia. 

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