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Jackpot in rete, un’idea anche per i casino italiani?

23 agosto 2014 - 08:35

La novità arriva dagli Stati Uniti e da Bally Technologies, Inc., che ha introdotto una sorta di liquidità interstatale tra i casinò del Nevada e del New Jersey che ospitano le sue macchine, così da consentire che i jackpot delle slot crescano più rapidamente e diventino più ricchi e attraenti.

Scritto da Anna Maria Rengo

 

A pochi giorni dall’introduzione, le slot ‘condivise’ (Titanic, The Magic of David Copperfield, Betty Boop’s Fortune Teller, Jackpot Empire, Hot Shot Progressive e alter ancora) hanno fatto raggiungere al jackpot in palio una cifra interessante, che continua rapidamente a crescere, ‘alimentata’ dalle giocate condotte, appunto, a livello interstatale.

 

L’APPLICABILITA’ IN ITALIA – Chissà se questo sistema di jackpot condiviso, che i giocatori sembrano gradire molto, potrebbe piacere anche in Italia, e se i casino lo considerano interessante. Certamente, l’idea di fronteggiare la concorrenza del gioco pubblico, ma anche la crisi, attraverso iniziative condivise, è stata attentamente valutata anche in casa Federgioco. Quando ne era presidente, il sanremese Marco Cambiaso aveva proposto di condividere il programma delle manifestazioni e magari di organizzare congiuntamente dei tornei di poker, così da essere in sinergia anziché in concorrenza. Quanto ai jackpot slot condivisi, l’applicabilità in Italia dipende anche da fattori tecnici, dalle garanzie di sicurezza che le macchine danno. Si fa poi notare come ci sarebbero dei problemi legati al fatto che i quattro casinò non hanno la stessa proprietà, con conseguenze nella gestione dell’accantonamento del jackpot. Osservazioni giuste, difficoltà ce potrebbero essere esaminate e probabilmente superate se ci fosse la volontà di investire in una strategia, anche in termini di marketing, di questo tipo.

 

PREGI E DIFETTI NELL’ANALISI DI FRIGERIO - “A un sistema di questo tipo – ricorda Luca Frigerio, amministratore unico del Saint Vincent Resort & Casino e già presidente della federazione che rappresenta i quattro casinò tricolori - avevamo già pensato in Federgioco ed era stato fatto un progetto (il problema era Campione che aveva macchine solo in franchi svizzeri, problema che ora sarebbe risolto). Direi che i jackpot elevati servono a fare comunicazione e attirano il gioco in sala su alcune macchine, ma alla fine gratificano solo pochi clienti. La tendenza negli ultimi anni è quella di programmare le macchine con una più alta frequenza di vincite rispetto all'accumulo di grossi jackpot. L'altro problema nei confronti dei clienti sarebbe quello, come succede con i jackpot di rete delle sale Vlt, che quando c'è una vincita il resto delle sale, in questo caso dei casino, non si accorge della vincita e non ha neanche un effetto di comunicazione. Visto così sarebbe più uno sforzo organizzativo che un reale miglioramento dell'appetibilità delle macchine. A questo bisogna aggiungere le diverse regole per la suddivisione degli introiti (disciplinari) e l'impossibilità o quasi di verifica dei pagamenti da parte degli organi di controllo regionali o comunali... Ormai sono pochi i gruppi che hanno jackpot condivisi”.

 

LA PROPOSTA DI RAVA’ – Vittorio Ravà, attuale presidente di Federgioco e direttore generale del Casinò di Venezia, osserva: “Questa proposta avrebbe senso se questi tornei fossero sponsorizzati dai produttori di macchine e non dalle case da gioco”.

Intanto, vedremo il successo che i jackpot in rete per le slot nei casinò terrestri avranno in un contesto, quello Usa, sicuramente differente rispetto a quello italiano, ma che può comunque costituire un case history da studiare.

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